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Elezioni, il golpe dell'alta finanza in Italia: chi sarà il prossimo premier, il grafico che spiega tutto

 Mario Draghi

Sandro Iacometti
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Certo, ci sono l'inflazione alle stelle, la Bce pronta ad alzare i tassi di interesse, la Fed che lo ha già fatto, la guerra che spaventa e la recessione dietro l'angolo. Eppure è difficile togliersi dalla testa che quel numerino di cui per un po' ci siamo disinteressati, illudendoci che le spalle larghe di Mario Draghi ci avrebbero protetto da qualsiasi minaccia, sia tornato a fare capolino con un obiettivo ben preciso: dirci chi dobbiamo mandare a Palazzo Chigi nella prossima legislatura. Alla scadenza naturale del Parlamento mancano ancora una decina di mesi, ma il campanello dello spread ha già iniziato a squillare. E non promette nulla di buono. 

Ieri il differenziale tra Btp e Bund tedeschi ha chiuso la seduta sui 212 punti, con un rendimento ancora più preoccupante del 3,4%, si tratta di livelli che non si vedevano dai primi mesi del 2018, guarda caso le settimane appena prima delle elezioni da cui è spuntato fuori il governo Lega-M5S. Una coincidenza? Tutto è possibile. Ma gli indizi che dicono il contrario iniziano ad essere troppi. Qualche giorno fa un rapporto di Goldman Sachs, la grande banca d'affari americana, ci ha spiegato che l'Italia è uno dei Paesi che rischia di più con il voto nel 2023. È in quell'occasione, ha infatti avvertito il colosso Usa, che il mercato farà le sue valutazioni sulla sostenibilità del nostro enorme debito e sulla capacità di proseguire a braccetto con l'Europa. Sorvegliati speciali, manco a dirlo, Lega e Fratelli d'Italia, che sono in cima ai sondaggi ma non hanno grande simpatia per Bruxelles.

 

 

FATTORI DI RISCHIO - Vabbè, un tentativo come un altro dell'alta finanza di ficcare il naso nei nostri affari. Ieri, però, a fare chiarezza sulle mosse (e le aspettative) degli investitori internazionali ci ha pensato anche un rapporto tecnico di Intesa Sanpaolo. La prima banca del Paese non si è ovviamente avventurata in nessun giudizio di tipo politico, ci mancherebbe, ha semplicemente fotografato la situazione. A muovere lo spread, spiegano gli analisti dell'istituto, ci sono due indicatori: uno riguarda il classico rischio di default, quando lo Stato ha difficoltà a restituire i prestiti, l'altro è il rischio di ridenominazione.

 

In altre parole, è il timore che lo Stato decida di cambiare la valuta con cui viene rimborsato il debito. Per essere chiari: è il rischio che l'Italia esca dall'euro e converta tutti i suoi titoli in lire. Ora, può sembrare impossibile che qualcuno abbia ancora paura di una Brexit nostrana. Nessuno ne parla più ed è uscita da tutti i programmi. Epperò gli esperti di Intesa ci dicono che nelle sale operative delle Borse c'è ancora chi mette la pulce nell'orecchio. «L'analisi delle componenti del rischio di credito degli emittenti in euro», si legge nello studio, «mostra che il rischio di ridenominazione ha giocato un ruolo importante nel caso dell'Italia».

 

 

FANTASMI - Insomma, la notizia è che il mercato ha paura dei fantasmi e teme ancora che una vittoria del centrodestra alle prossime elezioni possa far saltare tutto ciò che di buono è stato fatto finora da Draghi. Mentre vi strabuzzate gli occhi, sentiamo cosa ha detto ieri Pier Carlo Padoan, ora presidente di Unicredit, ma fino a poco fa parlamentare del Pd (eletto nella Siena di Mps) ed ex ministro dell'Economia: «Sullo Spread mi sono fatto l'idea che il debito italiano viene visto come un fattore di criticità come purtroppo avveniva qualche anno addietro». Come dire: occhio a sottovalutare quel numerino. 

A metterci il carico ci ha pensato il suo ex datore di lavoro, il già premier del Pd, Paolo Gentiloni, ora tronfio commissario all'economia della Ue. «Subito dopo l'estate», ha avvertito, «si aprirà la discussione sul percorso di riduzione del debito e quindi sulle nuove regole del patto di stabilità». E certo, dopo aver tergiversato per due anni, ora la Ue ha deciso che il momento giusto per tornare a parlare seriamente degli eccessivi rossi di bilancio è il prossimo autunno, in piena campagna elettorale italiana.

Ma non è finita, perché Gentiloni ci spiega anche con grande abilità che non dobbiamo preoccuparci più di tanto di questi movimenti sul mercato delle obbligazioni, ma solo del nostro spaventoso debito: «Le oscillazioni dello spread non devono essere considerate più di quello che sono, un segnale dei mercati, ma piuttosto contenuto. Quello che dobbiamo tenere in considerazione è che l'Italia è uno dei sei Paesi europei ad alto debito. Il problema è il livello del debito che può creare instabilità nei mercati». Capito il giochino? La finanza non deve spaventare, fa il suo mestiere, con un rosso così grande è normale che ci dica quello che dobbiamo fare. Soprattutto nelle urne.

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