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"Vladimir Putin ha fallito". Ecco perché il piano dello zar rischia di saltare per aria in pochi giorni

Sandro Iacometti
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Secondo Roberto Cingolani il price cap è una specie di whatever it takes, basta parlarne e gli speculatori si ritraggono. In realtà, per quanto se ne parli, ieri il gas ha chiuso a 133 euro a Mwh, un prezzo esorbitante, in rialzo del 4,9% su quello già altissimo del giorno precedente.
Epperò il ministro della Transizione non sbaglia ad insistere sul price cap. Anche perché guardando i dati elaborati dall'Ispi, che mettono a confronto i volumi venduti con i soldi incassati, si capisce bene che il giochino di Vladimir Putin di tagliare le forniture sta funzionando fino a certo punto. Se è vero che l'aumento dei prezzi permette allo zar di guadagnare di più vendendo di meno, la curva delle entrate a giugno si è considerevolmente abbassata, allineandosi pian piano a quella dei flussi. Insomma, lentamente ma progressivamente Mosca sta perdendo soldi. E siccome i gasdotti non si possono spostare e Putin non si può permettere di chiudere del tutto i rubinetti, il tetto al prezzo del gas in questa fase potrebbe essere l'arma finale per farlo capitolare, almeno sul fronte energetico.

 

 

 

CONSIGLIO UE - Serve il tetto vero, però, non quello annunciato. E qui le cose si complicano. Nella Ue, manco a dirlo, l'accordo non c'è. E nella bozza delle conclusioni del Consiglio europeo si è riusciti soltanto ad inserire un riferimento indiretto all'ipotesi, con l'impegno che la cosa sarà discussa al prossimo vertice. Solo che il prossimo vertice, può sembrare incredibile, considerata la situazione, ma è vero, è calendarizzato per il 20 ottobre. Insomma, guerra o no, se ne parla dopo le vacanze.
Uno scenario che Mario Draghi, però, principale sostenitore da mesi del price cap, non sembra disposto ad accettare. Di qui l'idea di sparigliare le carte con un vertice straordinario a luglio sull'energia che abbia sul tavolo una proposta concreta e chiara sul tetto al prezzo del gas. Fantascienza? Non proprio. Se la Francia, forte del nucleare e facendo affidamento sui rigassificatori, ieri si è detta in grado di rinunciare al metano di Putin, la Germania invece ha deciso di fare quello che l'Italia ancora non ha fatto: passare al secondo livello del protocollo di sicurezza, dichiarando lo stato di allerta. Dopo c'è l'emergenza, con il razionamento dell'energia che il governo tedesco ha detto fuori dai denti di non poter escludere. Anche la repubblica Ceca, presidente di turno dal primo luglio, sembrerebbe disponibile al summit straordinario, a patto che si parli anche di inflazione.

 

 

 

FRONTE MEDITERRANEO - Sulla proposta del price cap, del resto, si sta creando un fronte mediterraneo. Lo spagnolo Pedro Sanchez è arrivato annunciando di portare sul tavolo del summit la «riforma del mercato elettrico» e di «un tetto ai prezzi del gas». Il capo del governo greco, Kyriakos Mitsotakis, è andato oltre. «Ribadirò, insieme al presidente del Consiglio italiano, l'ormai urgente richiesta di iniziative coraggiose a livello europeo, come l'imposizione di un tetto al prezzo all'ingrosso del gas», ha spiegato Mitsotakis. Anche Emmanuel Macron, malgrado le dichiarazioni di autosufficienza, sarebbe della partita. Nella strategia di Palazzo Chigi il tetto al prezzo del gas si configurerebbe come una sanzione con cui rispondere a Mosca che, ormai da settimane, sta usando l'energia come un'arma. In tal modo la messa in campo della misura sarebbe anche proceduralmente più rapida, non essendo necessario modificare direttive sul mercato dell'energia attualmente in vigore. Anche nel fronte dei contrari qualche piccola crepa comincia ad aprirsi. «Non ci opponiamo per principio» e «valutiamo la proposta», ha spiegato l'olandese Mark Rutte. Anche da Berlino finora non è mai arrivato alcun appoggio formale, nel timore che di fronte al price cap Putin chiuda del tutto le forniture, ma l'annuncio di ieri fa capire che anche così le cose in Germania non vanno per il meglio. In altre parole, anche il cancelliere Olaf Scholz potrebbe lasciarsi convincere a giocare il tutto per tutto.

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