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Gas, ecco la verità che nessuno ha mai detto: il segreto di Pd e M5S

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Michele Zaccardi
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Fuori dal campo di battaglia, il conflitto in Ucraina si è trasformato in una guerra energetica all'Europa, con la Russia di Putin che, come ha detto Mario Draghi, «usa il gas come arma geopolitica». I ripetuti tagli delle forniture russe, passate da oltre 2 miliardi di metri cubi alla settimana a 860 milioni ad agosto, rendono sempre più concreto il rischio che in inverno il metano venga a mancare. I prezzi, nel frattempo, sono esplosi, superando i livelli già elevatissimi dei mesi scorsi. Venerdì, il gas al Ttf di Amsterdam, il mercato di riferimento europeo, ha toccato i 340 euro al megawattora, ai massimi da marzo e in aumento del 40% rispetto a lunedì. Ad agosto dell'anno scorso, il prezzo sonnecchiava attorno ai 27 euro. In tutto questo, l'Italia, a causa della sua dipendenza dal gas russo, si è trovata a essere tra i Paesi più colpiti. E a dover fare i conti con le scelte miopi degli ultimi decenni. Dopo l'abbandono del nucleare, in seguito al referendum del 1987, si è fatto di tutto per ridurre la produzione nazionale di gas. Anzi, per impedirla.

Così, da un picco di quasi 20 miliardi di metri cubi raggiunto sul finire degli anni '90, si è scesi a 3,3 miliardi nel 2021. Il colpo di grazia venne dato dal primo governo Conte, che nel 2018 varò una moratoria sull'estrazione di gas e petrolio, in attesa di stilare una mappa che chiarisse dove è possibile coltivare idrocarburi, il famigerato Pitesai. Emanato dal ministero della transizione ecologica a febbraio, il piano in realtà rende quasi impossibile rilasciare nuove licenze e mette in forse anche le concessioni già attive.

 

 

DIVIETI A 5 STELLE - Con vincoli simili, l'obiettivo che si è dato il governo di aumentare per quest'anno la produzione nazionale di 2,2 miliardi di metri cubi sembra fuori portata. Eppure, di gas, in Italia, ce n'è. Alcuni studi si spingono addirittura a stimare che nel sottosuolo ci siano 350 miliardi di metri cubi di metano, quasi cinque volte i 76 miliardi di consumo annuo del nostro Paese. Insomma, le risorse sono abbondanti, il problema è che non vengono sfruttate. Sulla carta, infatti, i giacimenti attivi sono 1.298 ma quelli che vengono realmente utilizzati sono soltanto 514. Mala costruzione di quella «sovranità energetica» evocata da Draghi, passa anche per una strategia di diversificazione dei fornitori, che permetta di affrancarsi completamente dal gas russo (29 miliardi di metri cubi nel 2021). Stando a quanto dichiarato dal premier, la dipendenza da Mosca è scesa dal 40% del 2021 al 18%.

Tra gennaio e giugno, i flussi in arrivo a Tarvisio sono diminuiti del 36% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, passando da 14,6 miliardi di metri cubi a 9,3. Il perno del programma di diversificazione di Palazzo Chigi è l'Algeria, dopo la Russia, il secondo fornitore del nostro Paese (21 miliardi di metri cubi l'anno scorso). L'accordo siglato l'11 aprile tra Eni e la società algerina Sonatrach, che prevede per quest' anno di incrementare di 2 miliardi di metri cubi i volumi che transitano attraverso il gasdotto Transmed, è stato poi rafforzato a luglio. L'Algeria si è impegnata ad aumentare i flussi di 6 miliardi di metri cubi nel 2022, per arrivare poi a 9 miliardi aggiuntivi nel 2023-2024. Tuttavia, al momento è stata consegnata solo una piccola parte del gas promesso. Da gennaio a giugno, infatti, i volumi in entrata a Mazara del Vallo, dove approda il gasdotto Transmed, sono rimasti in linea con lo stesso periodo dell'anno scorso: 11,5 miliardi contro 11,2 (appena 300 milioni in più). C'è stata però una piccola accelerazione negli ultimi due mesi. Secondo i dati Entsog, sono arrivati 1,6 miliardi di metri cubi (erano 1,5 un anno prima) a luglio e 1,5 miliardi (1 miliardo nel 2021) fino al 25 agosto. Oltre all'Algeria, il governo punta sul gas azero, consegnato in Italia dal gasdotto Tap, che arriva a Melendugno, in Puglia. Da questa rotta dovrebbero arrivare altri 2,5 miliardi di metri cubi. Già nel primo semestre di quest' anno, l'Azerbaigian ha esportato in Italia 5 miliardi di metri cubi, l'87% in più rispetto ai 2,7 miliardi del 2021.

 

 

L'ultimo tassello del puzzle riguarda il gas naturale liquefatto (Gnl). Gli accordi di Eni con Egitto e Qatar dovrebbero consentire di importare altri 1,5 miliardi di metri cubi. In attesa che le due navi rigassificatrici acquistate da Snam su mandato del governo entrino in funzione (una a Piombino, l'altra a Ravenna), gli impianti necessari a riportare allo stato gassoso il metano liquido (Panigaglia, Rovigo e Livorno) lavorano quasi a pieno regime. Fino a giugno, gli approvvigionamenti di Gnl sono stati pari a 6,8 miliardi di metri cubi, 1,2 miliardi in più rispetto al 2021. In totale, le risorse aggiuntive su cui potrà contare l'Italia saranno di circa 10 miliardi: 6 miliardi dall'Algeria, 2,5 dall'Azerbaigian e 1,5 da Qatar ed Egitto. Si tratta però di volumi insufficienti a rimpiazzare i 29 miliardi di metri cubi di gas russo. Non a caso, a metà luglio l'Fmi ha avvertito che un taglio completo delle forniture da Mosca provocherebbe una contrazione del Pil del 5%. L'unico modo per evitare uno scenario di questo tipo, almeno secondo il governo, è riempire gli stoccaggi in vista dell'inverno, quando la domanda tocca il suo apice.

STOCCAGGI QUASI AL MASSIMO - Al momento l'Italia ha già raggiunto l'obiettivo previsto da Bruxelles per ottobre: i serbatoi sono pieni all'80,77% (la media Ue è del 78,67%). Ma l'idea è di arrivare al 90%, e forse anche qualcosa in più. All'appello mancano quindi circa 1,5 miliardi di metri cubi. Tuttavia, gli stoccaggi, che vengono riempiti e svuotati ogni anno e servono a far fronte i picchi di domanda, non consentono di fare a meno delle forniture russe. Come ha spiegato su il Foglio il fondatore di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, rispetto a consumi che in inverno possono raggiungere punte di 400 milioni di metri cubi al giorno, le scorte riescono a coprire circa 200 milioni. Il resto deve essere importato, anche perché ci sono dei limiti tecnici alle quantità che possono essere ritirate dai serbatoi. Negli scorsi anni, ogni giorno potevamo contare su 92 milioni di metri cubi di gas russo. Ora, chissà.

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