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Elettricità e gas, tradimento di Biden e Macron: come possono far saltare l'Italia

Fausto Carioti
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Gli amici si vedono nel momento del bisogno e l'Italia è messa male. Nei giorni scorsi un'inchiesta del Financial Times ha svelato il vuoto dietro alle promesse di Joe Biden. A marzo il presidente statunitense aveva garantito ad Ursula von der Leyen e ai Paesi europei più dipendenti dalmetano di Mosca (tra cui l'Italia, che prima dell'invasione dell'Ucraina acquistava da Gazprom il 40% delle proprie importazioni) forniture di gas naturale liquido pari a 15 miliardi di metri cubi l'anno, destinati a salire rapidamente a 50 miliardi, un terzo di quello che i membri della Ue compravano dalla Russia. Interpellati sei mesi dopo dal quotidiano finanziario londinese, i massimi dirigenti della compagnie americane specializzate nell'estrazione e nel commercio degli idrocarburi hanno spiegato che non hanno fatto né intendono fare nulla, giacché non ne hanno la convenienza e dalla Casa Bianca non hanno ricevuto alcun segnale che facesse loro cambiare idea. «Non c'è nessun salvataggio in arrivo, gli europei sono fottuti», ha sintetizzato con cruda efficacia uno di loro.

 

Concentrato sui problemi energetici del proprio Paese, Biden pare essersi dimenticato dell'impegno preso con gli alleati, che ora trovano ad attenderli un inverno più brutto del previsto. Male per tutti i Paesi europei, ma soprattutto per chi, povero di combustibili fossili e privo di centrali nucleari come l'Italia, necessita del gas importato anche per produrre energia elettrica.

LA SMENTITA PEGGIORE
A complicare la situazione provvede ora un altro presunto amico, Emmanuel Macron. Il governo che il presidente francese "indirizza" dall'Eliseo pare infatti pronto a bloccare per due anni la vendita di elettricità all'Italia. Sarebbe la smentita peggiore a quanto detto l'altro giorno da Mario Draghi: «Siamo alleati alla Germania e alla Francia. Cosa farà il prossimo governo non lo so, ma mi chiedo: uno come se li sceglie i partner?». Ottima domanda. La notizia del "tradimento" francese l'ha data ieri Repubblica, scrivendo che il monopolista Électricité de France ha avvertito il gestore della nostra rete elettrica, dunque la società Terna, e il governo italiano, di prepararsi al "taglio della luce". Il gruppo transalpino, il cui 84% del capitale fa capo proprio all'esecutivo francese, si è limitato a comunicare di non avere «inviato alcuna lettera» al governo di Roma, ma non ha negato che una simile decisione sia stata presa. La notizia è stata confermata da fonti del governo italiano, e anche per questo la rassicurazione data a tarda sera dal ministero francese della Transizione, che nega di voler tagliare le esportazioni di elettricità verso l'Italia e conferma «l'impegno per la solidarietà reciproca in materia di gas ed elettricità», non cancella le paure.

 

Per l'Italia lo spegnimento dell'interruttore francese significherebbe la rinuncia, nel momento peggiore, a un terzo dell'elettricità importata, ossia al 5% di quella che famiglie e imprese consumano ogni giorno, e che viene generata proprio dalle centrali nucleari francesi al di là delle Alpi. È un valore medio che varia molto: ci sono giorni e ore nei quali importiamo da lì ben più del 5% dell'elettricità che usiamo, e ci si potrebbe rinunciare solo con un drastico taglio dei consumi.

Il grande timore è che, se scatta il panico e passa il principio per cui ognuno pensa per sé, altri Paesi seguano l'esempio francese. Perché la nostra dipendenza dall'estero è grande: viene da oltre confine il 14% dell'elettricità consumata sul suolo nazionale. Il primo dei nostri fornitori è la Svizzera, da cui acquistiamo il 43% dell'elettricità importata. E anche la Svizzera compra elettricità dalla Francia: come reagirebbero a Berna nel momento in cui la fornitura che ricevono dovesse cessare o ridursi? Il pericolo è che compensino l'ammanco tagliando a loro volta le esportazioni.

AMICIZIE DIVERSE
Se all'avvertimento francese seguisse la decisione unilaterale di spegnere l'interruttore, saremmo davanti ad una prima violazione del trattato (per questo vago sia il suo testo) siglato lo scorso novembre al Quirinale da Sergio Mattarella e Macron. Lì, i due Stati si sono impegnati a rafforzare «il coordinamento nei principali settori della politica economica europea», tra i quali figura proprio «l'energia». E questo mentre l'accordo bilaterale parallelo firmato all'Eliseo tra Francia e Germania si mostra solido e sembra preludere ad un rafforzamento della loro cooperazione nel settore energetico. Per l'Italia, il messaggio che arriva da Oltralpe è la conferma di quanto sia necessario procedere verso l'autosufficienza: solo chi non dipende dagli altri, come fa la Francia grazie al nucleare, può difendere i propri cittadini e gli interessi nazionali. Ma nei programmi dei partiti impegnati in campagna elettorale, e soprattutto del Pd e dei Cinque Stelle, l'unico imperativo è la «transizione energetica»: niente più gas e altri fossili, nucleare nemmeno a parlarne. Se non si capisce che la situazione è grave e si tira dritto così, l'inverno italiano sarà molto lungo.

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