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Mario Draghi, "buco da 20 miliardi": una drammatica scoperta

Sandro Iacometti
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Certo, 66 miliardi di aiuti (senza scostamento) per fronteggiare la crisi energetica non sono pochi. Ma cosa resta nei conti pubblici italiani dopo questa raschiatura del barile operata a più riprese da Daniele Franco? A sentire il ministro dell'Economia, intervenuto sull'argomento qualche giorno fa durante la presentazione dell'ultimo decreto per l'emergenza bollette, non ci sono grandi problemi all'orizzonte. «Noi stiamo usando risorse temporanee.

Abbiamo avuto un forte aumento del gettito, in parte dovuto anche all'inflazione che ancora non ha influito sul bilancio pubblico dal lato della spesa, lo stiamo usando in questo modo. Io credo che, con questa possibilità, se ci sarà un adeguato tasso di crescita l'anno prossimo, la politica economica possa restare positiva in termini di sostegno alla crescita». Insomma, se il Pil sale si può anche fare una bella manovra espansiva. E se scende? Mario Draghi, nella stessa conferenza stampa, ha spiegato che tutto va a gonfie vele e non vede segnali di recessione all'orizzonte. Ma sono in molti a dubitarne.

Nel suo ultimo report l'agenzia di rating Fitch, ventilando anche un possibile declassamento dell'Italia, prevede per il 2023 una bella frenata dell'economia dello 0,7%. Ancora più pessimista Confindustria. Nella periodica indagine congiunturale il Centro studi di viale dell'Astronomia prova ad anticipar gli effetti dell'aumento del prezzo del gas sul tessuto produttivo. Due gli scenari ipotizzati, uno in cui le quotazioni si stabilizzano sui 235 euro per megawattora (che è la dia di adesso) e uno in cui schizza a 298 euro (ch è quella indicata dai futures sul metano). Ebbene, nel mo caso tra 2022 e 2023 il Pil riceverà una sforbiciata del 2,2%. Nel secondo addirittura del 3,2%.

 

 



STIME SBALLATE - Stime sballate? A dire il vero lo sembrano di più quelle del governo, che in base al Def dello scorso aprile è fino ad ora rimasto ancorato ad una previsione per il 2023 di un Pil in crescita del 2,4% Livello che da mesi non va corrispondenze in alc previsione nazionale o internazionale. Di fronte all'evidente sfasamento tra i sogni del Documento di economia e finanza e la realtà, lo stesso Franco, che pubblicamente continua a dispensare ottimismo, sta in questi giorni rifacendo i conti in vista della presentazione della Nota di aggiornamento al Def (Nadef), solitamente presentata entro il 27 settembre. Un documento che, considerata la situazione, aggiornerà la parte previ- (tendenziale), ma non affronterà quella programmatica, se non per gli impegni che condizionano anche il futuro governo in relazione all'attuazione del Pnrr.

Il problema è che la modifica delle stime sul 2023 avrà impatto su tutti gli impegni di riduzione del deficit e del debito pubblico presi con la Commissione europea e certificati nell'ultimo Def. E il conto sarà assai salato per chi, appena salito a Palazzo Chigi, dovrà rimettere a po- le cose. Stando a quanto rivela il Sole 24 Ore il Tesoro si prepara a ridurre la previsione sul Pil fino a 2 punti percentuali. Rispetto a Fitch, che prevede una netta recessione, restiamo nel campo dell'ottimismo, con una crescita che oscilla intorno al mezzo punto percentuale. Ma l'impatto sulle finanze pubbliche non sarà affatto trascurabile. Avere il 2% di prodotto interno lordo in meno significa un aumento automatico del deficit di circa 20 miliardi di euro. Che saranno mai 20 miliardi, direte voi, di fronte ai 66 sborsati da Draghi senza neanche fare un decimale di deficit. Ed è proprio questo il punto.

 

 

 

 

CARTE IN REGOLA - Per chiudere la sua esperienza di governo con tutte le carte in regola l'ex Bce ha prosciugato il tesoretto portato nelle casse dello Stato dall'extragettito dell'inflazione e ha lasciato nei guai l'esecutivo che verrà. Oltre a compensare gli effetti della minore crescita la prossima finanziaria dovrà infatti sostenere anche 8-10 miliardi di rivalutazione delle pensioni, un aumento consistente della spesa per gli interessi del debito (con i BTp al 2% il Def di aprile l'aveva aumentata di quasi 10 miliardi, ora sono al 4%) e trovare le risorse per replicare tutti i bonus e i sostegni varati nel 2022 per fronteggiare l'emergenza. Insomma, senza robusti tagli di spesa (che nessuno è mai riuscito a fare), il nuovo esecutivo si troverà quasi sicuramente costretto a non rispettare l'obiettivo di diminuzione del deficit/pil, che secondo il Def di aprile dovrebbe ridursi dal 5,6% di quest' anno (stima confermata dal ministro Franco) al 3,9% del 2023. Ora, è ovvio che non è colpa di Draghi se l'economia frenerà nei prossimi trimestri, così come non è stato un suo merito (parole sue) la crescita di quelli appena passati. Ma non accantonare risorse in vista delle previsioni negative e dire con orgoglio che i conti sono in ordine mentre il Tesoro sta preparando una Nadef che rivede al ribasso "tendenziale" tutti gli indicatori, significa gettare benzina sul fuoco su uno scenario già complicato di suo, con la crisi che morde, i tempi strettissimi per varare la manovra finanziaria e un rapporto tra il prossimo esecutivo e Bruxelles che, almeno sulla carta, non si preannuncia idilliaco.

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