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Pensioni, Alberto Brambilla: "Chi andrà al governo farà fatica a trovare i soldi"

Michele Zaccardi
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«Di solito si dice che chi vince le elezioni vince un premio; chi vincerà questa volta, invece, vincerà una grana». Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, camuffa con una battuta un concetto piuttosto inquietante: i soldi per rivalutare le pensioni devono ancora essere stanziati. Sarà compito del prossimo governo trovarli. Con l'impennata dei prezzi degli ultimi mesi, le cifre in gioco sono importanti: con un'inflazione stabilmente sopra l'8% (ad agosto era all'8,4%), calcola la Ragioneria Generale dello Stato, serviranno 25 miliardi di euro. Secondo Brambilla, i numeri sono un po' più bassi. «Noi abbiamo fatto i conti ipotizzando un'inflazione acquisita pari al 7%, come sostiene l'Istat. Considerando anche lo 0,2% in più a titolo della rivalutazione del 2021, il costo per lo Stato sarà di 20,4 miliardi».

L'adeguamento delle pensioni al costo della vita rischia quindi di azzerare i margini di manovra del nuovo governo?
«I partiti hanno fatto tutte le promesse possibili e immaginabili in campagna elettorale ma il problema è che la legge di bilancio è già scritta perché, a seconda di quanto sarà l'inflazione, 20-21 miliardi andranno alla rivalutazione delle pensioni. Poi la Banca centrale europea ha alzato i tassi di interesse per cui il prossimo governo dovrà mettere circa 7 miliardi di euro in più per la spesa per interessi. Considerando gli strascichi del superbonus e altre spese indifferibili siamo già a 30-35 miliardi. Chi arriva al governo avrà le mani legate: chiunque vinca le elezioni dovrà trasferire all'Inps 21 o 22 miliardi. Da dove li prenderanno non so».
Insomma, la strada per il prossimo esecutivo sembra tracciata. 
«Questo la dice tutta sulla prudenza di Giorgia Meloni, che è l'unica che ha capito com' è la situazione e infatti si oppone allo scostamento di bilancio. L'anno difficile non sarà il 2024, ma il 2023: se lo spread si impenna c'è il rischio che il governo salti come successo al governo Berlusconi nel 2011. Inoltre, non solo la Bce ha alzato i tassi di interesse ma ha anche smesso di acquistare titoli di Stato: questo vuol dire che i 400 miliardi di Btp che scadranno l'anno prossimo non saranno comprati da Francoforte. Con un debito che è arrivato a 2.800 miliardi... Io non vorrei essere tra i vincitori del premio delle elezioni».
Da quest' anno è tornata in vigore una vecchia norma del 1998 che prevede una rivalutazione degli assegni più generosa. Perché non si sono accantonati prima i fondi necessari? Cosa ne pensa del nuovo meccanismo?»
«L'anno scorso, quando è stata reinserita questa clausola, nessuno pensava che poi l'inflazione sarebbe finita a questi livelli. Grazie al nuovo meccanismo per i pensionati le cose andranno meglio perché saranno l'unica categoria di cittadini che verrà quasi completamente risarcita dell'inflazione, almeno per chi guadagna sotto quattro volte il minimo. Chi ha una pensione pari a una volta il minimo (524,34 euro, ndr) avrà un aumento di quasi 500 euro: è come se prendesse una quattordicesima. Sono vent' anni che i governi usano i pensionati come un bancomat. Mi riferisco soprattutto al governo Conte 1 che non solo aveva tagliato drasticamente la rivalutazione per le pensioni superiori a cinque volte il minimo, ma aveva anche stabilito che l'adeguamento venisse calcolato sull'intera pensione e non sui singoli scaglioni. Per fortuna con il governo Draghi le cose sono cambiate. Ora c'è una rivalutazione completa fino a quattro volte il minimo. Rivalutazione che poi scende, dopo uno scalino del 90%, al 75% per gli assegni che superano di cinque volte il minimo».
Teme che il prossimo governo possa limitare la rivalutazione delle pensioni, come già successo in passato?
«Voglio vedere con che coraggio modificano la legge. Comunque non credo che nessuno farà una mossa così impopolare. Il rischio grosso che vedo però è quello di penalizzare la classe media, perché finora i sindacati e i partiti hanno proposto di dare sussidi solo a chi dichiara meno di 35 mila euro mentre chi prende di più non solo è bastonato con le tasse ma non ha nemmeno diritto ad alcuna agevolazione».

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