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Banche, adesso tocca a noi: cosa sta succedendo davvero

Benedetta Vitetta
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Non sarà certo il 2008, ma il nervosismo che continua a regnare sui mercati, soprattutto dopo la crisi dello scorso weekend di Credit Suisse e all’azzeramento di 16 miliardi di bond AT1 e a due settimane di distanza dal fallimento della Silicon Valley Bank (Svb), qualcosa- purtroppo- ce lo fa ricordare. Tanto che, nonostante le continue rassicurazioni delle autorità sulla tenuta del sistema finanziario arrivate nei giorni scorsi, ieri nel mirino degli speculatori è finita la tedesca Deutsche Bank. Il cui titolo, fin dall’avvio delle contrattazioni, ieri è stato colpito da una pioggia di vendite scendendo fin sotto gli 8 euro (quasi -15%). La quotazione ha poi dimezzato le perdite, complici le parole del cancelliere tedesco Olaf Scholz («Non c’è nulla di cui preoccuparsi») ma il bilancio finale resta comunque pesante: -8,6% a Francoforte e -6,75% a Milano a 8,70 euro, sui minimi dall’ottobre del 2022. A far scattare il panico sono state sia le comunicazioni di due piccole banche tedesche (Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank) che hanno annunciato che ad aprile lasceranno scadere due AT1 trasformandole in obbligazioni indicizzate al 9% e il rapido aumento dei credit default swap (Cds) della banca, ossia il derivato di copertura contro le insolvenze sulle obbligazioni bancarie che ieri mattina hanno superato i 200 punti base rispetto ai 142 punti della giornata precedente.
 

 

CORSA AI BOND STATALI
E a balzare in alto sono stati anche i Cds di altre banche sistemiche come la francese Societé Generale (-6,13%) e la svizzera Ubs (-3,55%) per il timore che nelle ultime settimane gli istituti di credito stiano registrando un prosciugamento dei depositi e che molti investitori stiano spostando i loro risparmi sui bond governativi, che ormai vantano rendimenti generosi. Già la scorsa settimana, negli Stati Uniti, la paura sulla tenuta delle banche legata al crac della Silicon Valley Bank, ha portato a una corsa ai fondi monetari, con versamenti che, stando ai dati dell’Investment Company Institute (Ici), hanno raggiunto la cifra record di 117,4 miliardi di dollari. «Tra gli operatori resta l’interrogativo se il subbuglio nel settore bancario sia terminato o se ci saranno altri contagi» spiega un analista citato dal Financial Times, «è anche evidente che per le banche centrali il subbuglio non frenerà la loro politica monetaria che potrebbe aumentare o far emergere altre vulnerabilità nel settore bancario».



Contagio che ieri s’è diffuso alle principali piazze del Vecchio Continente con Parigi in calo dell’1,74%, Francoforte (-1,66%) e Londra (-1,26%) e il comparto bancario venduto a piene mani. Tra i titoli più piazzati a Piazza Affari, peggiore in Europa (-2,2%), Unicredit che ha lasciato sul terreno il 4,06% (e che subito ha fatto filtrare d’aver chiesto alla Bce il rimborso a giugno un AT1 al 6,625% visto che iniziavano a rincorrersi le voci che fosse la prossima vittima), Intesa giù del 2,41%, e Bpm e Bper rispettivamente in rosso del 4,14 e 4,04 per cento.
E il panico sui mercati si è allargato velocemente arrivando fino a Bruxelles, dove era in corso il vertice Ue dei capi di Stato e di governo. E per evitare fraintendimenti a mercati aperti - vista la brutta aria che tirava - per la prima volta s’è deciso di chiudere un vertice Ue senza conferenza finale. Poche pure le dichiarazioni del numero uno della Bce, Christine Lagarde, per lo più veicolate da funzionari Ue.

 


GLI STRUMENTI DELLA BCE
«Il settore bancario della zona euro è resiliente perché ha solide posizioni di capitale e liquidità» ha tentato di tranquillizzare Christine Lagarde. A fargli eco il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che ha rassicurato sullo stato di salute della prima banca del Paese: «Ha radicalmente modernizzato e rinnovato il modello di business: è molto redditizia. Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Il sistema bancario Ue è stabile». Parole confermate pure dal presidente francese, Emmanuel Macron e da Giorgia Meloni. Sul fronte della stabilità finanziaria, funzionari Ue hanno fatto sapere che la Bce ha «tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità al sistema finanziario dell’eurozona, se necessario». Ieri, infine, l’euro è passato di mano a 1,0765 dollari (in calo dello 0,61%). Sul fronte della politica monetaria, il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, ha detto che «se l’inflazione si sviluppa come previsto, non bisogna fermare i rialzi della Bce». Non sarà certo il 2008 ma...

 

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