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Bonomi, scherzetto all'assemblea delle imprese: si parla solo di Costituzione

Carlo Bonomi

Sandro Iacometti
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Si doveva parlare di economia e di imprese. Si è parlato soprattutto di Costituzione. Con una serie di messaggi, neanche troppo velati, a Giorgia Meloni: la forma di governo non si cambia a colpi di maggioranza, occhio a dirigismo e protezionismo, tipico delle esperienze autoritarie. A metterci lo zampino è stata la Giornata internazionale della democrazia, che si celebra il 15 settembre, guarda caso proprio il giorno in cui si tiene l’assemblea generale di Confindustria, peraltro l’ultima orchestrata da Carlo Bonomi, che in primavera dovrà lasciare la poltrona.

La coincidenza temporale ha consentito al capo dello Stato Sergio Mattarella, come sempre accolto da ovazioni da stadio, di presenziare e intervenire all’assise, cosa mai avvenuta prima. E questo deve probabilmente aver spinto Bonomi ad avventurarsi su un terreno un po' inconsueto per chi rappresenta gli industriali, quello assai delicato, politicamente, delle riforme costituzionali. Non tanto l’autonomia, su cui Confindustria, aveva già espresso alcune perplessità, quanto il premierato e il presidenzialismo.

 

 

SUGGERIMENTI - Il capo degli industriali spiega che non vuole entrare nel merito della questione, anche perché il testo non c’è ancora, però non evita di sottolineare che gli imprenditori sono «tra coloro che credono che, in un ordinamento come il nostro, che correttamente ambisce a una maggiore stabilità di governo, il Capo dello Stato debba continuare ad essere il garante della Costituzione». Secondo suggerimento non richiesto: «Evitare di progettare interventi sulla forma di Stato e sulla forma di governo maturati e ispirati da una dialettica divisiva».

Chiusa la fase da costituzionalista, toccando corde care a Mattarella e che, inevitabilmente non dispiaceranno neanche alle opposizioni, Bonomi torna a parlare di economia. E qui, tranne le perplessità su misure poco gradite alle imprese come le norme sui prezzi dei biglietti e la tassa sugli extraprofitti, il presidente di Confindustria ritrova la convergenza con il governo, soprattutto su un tema caldo come il green deal. La transizione, spiega davanti ad una platea con diversi esponenti dell’esecutivo, a partire da Giorgia meloni, è ineludibile, «ma per realizzare obiettivi così ambiziosi in così poco tempo o si mettono a disposizione cifre importanti come hanno fatto gli Stati Uniti e la Cina - o bisogna rivedere gli obiettivi».

 

 

La realtà, prosegue, è che Bruxelles ha tradito lo «spirito dell'Unione Europea», che prevedeva di poter affrontare queste rivoluzioni in neutralità tecnologica. Bordate arrivano pure all’indirizzo di Christine Lagarde, quando spiega che «le imprese hanno la necessità di investire nelle nuove tecnologie, ma poi si trovano con la difficoltà di una politica che secondo me non è la sola strada per combattere l'inflazione. Non è che alzando i tassi risolvi automaticamente l'inflazione, ci sono anche altri strumenti». Questa politica, prosegue, «vuol dire limitare la capacità di crescita e gli investimenti, stiamo compiendo un danno».

SALARIO MINIMO - Netta anche la posizione sul salario minimo, che se «non accompagnato da un insieme di misure volte a valorizzare la rappresentanza, non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la piaga del dumping contrattuale,». Meglio sarebbe, dunque, dice Bonomi parlare di «salario giusto». Per quanto riguarda la manovra bisogna lavorare su tre cose. La prima: i redditi delle famiglie, con il taglio del cuneo fiscale, che «va reso strutturale». Poi serve uno «stimolo agli investimenti che sono crollati», con industria 5.0 per sostenere le transizioni e col Pnrr che va «scaricato a terra bene e subito». Terzo, le riforme, per rimettere in moto il Paese. Poi, però, la parola passa a Mattarella. E malgrado i riferimenti alle imprese come pilastro della democrazia, alla sicurezza sul lavoro che riguarda la coscienza di ognuno e alla questione salariale, inevitabilmente si torna a respirare un po’ l’aria del sermone antigovernativo. Dal monito sul rischio «di cedere alle paure, quando non alla tentazione cinica di cavalcarle», all’invito ad «evadere dal dirigismo economico e dal protezionismo tipico delle esperienze autoritarie».

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