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Affitti brevi, un limite alle locazioni? Perché è un favore alla sinistra

Federico Punzi
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Cos’hanno in comune città come Parigi, Barcellona, Berlino, Londra, New York? Tutte grandi città e tutte hanno introdotto norme restrittive per limitare gli affitti brevi. Ma anche tutte città governate dalla sinistra. Le stesse restrizioni invocate anche in Italia dai sindaci socialisti di Milano, Firenze e Roma. E fin qui nulla di strano. Il paradosso è che un governo di centrodestra, in teoria conservatore e liberale, quindi dovrebbe avere nel suo Dna la difesa della piccola proprietà immobiliare, oggi sotto assedio anche sul fronte Ue, si stia impegnando a realizzare il programma della sinistra. D’accordo, viviamo una fase storica in cui l’interventismo statale e la compressione di libertà individuali e proprietà privata sono mainstream, dietro il ricatto di continue emergenze. E persino bipartisan: molti partiti di centrodestra in Europa si sono adeguati allo “spirito dei tempi”. Ma ci ostiniamo a sperare che il governo Meloni abbia l’ambizione di invertire questa tendenza.

Il disegno di legge Santanchè è invece un grande assist ai sindaci di sinistra delle principali città italiane, tutti in grande difficoltà. Il settore degli affitti brevi non è il far west, è già regolato. Non si tratta di far pagare le tasse (si pagano già), o smascherare business milionari dietro famiglie di ceto medio che mettono a reddito il secondo appartamento. Il testo mira a scoraggiare in ogni modo le locazioni brevi, prevedendo non solo il limite minimo di due notti, che colpisce soprattutto chi si ferma una sola notte per lavoro, ma anche una serie di requisiti e adempimenti burocratici (fino all’obbligo di aprire una vera e propria impresa) di impossibile applicazione, a pena sanzioni pesantissime, fino a 8mila euro per una mancata comunicazione. In pratica, si impone di trasformare un’abitazione in un quasi -hotel, provvisto persino di estintori e altri dispositivi tipici delle strutture alberghiere. Duplice l’effetto: far lievitare i prezzi e incoraggiare il sommerso.

 


Ridicola l’accusa di “concorrenza sleale” ai danni degli hotel. Si tratta, per servizi e prezzi, di due tipologie di clienti molto diverse. Quante famiglie con due figli credete si possano permettere un albergo a Roma o Venezia? Così come infondata è l’accusa di svuotare i centri storici. Gli affitti brevi sono il sintomo, non la causa di un processo in corso da decenni. E la scarsa tutela del diritto di proprietà in caso di inquilini morosi fa il resto, spingendo i proprietari a preferire i turisti. 

 

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