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Prima della Scala usata in chiave elettorale: la sinistra si gioca la carta antifascista

di Francesco Carella martedì 12 dicembre 2023

2' di lettura

L’antifascismo che sbarca alla Scala (con l’urlo di un loggionista subito dopo l’esecuzione dell’inno di Mameli) è solo l’ultima manifestazione di una forma mentis politica maturata all’indomani del Secondo conflitto mondiale e che segna la storia del Partito comunista, del Pds, dei Ds fino ad informare di sé lo stesso Partito democratico.

Si tratta di una particolare anomalia della vicenda politica italiana, la cui cifra distintiva è rappresentata da una sinistra che si considera l’unico e autentico baluardo della democrazia nella convinzione - come si legge in un documento del Pci datato 1949 - che “in una società capitalistica la tentazione di una svolta reazionaria è sempre dietro l’angolo”. Di qui, il costante impegno antifascista da parte delle forze comuniste. Del resto, quando nel maggio 1947 Alcide De Gasperi manda le sinistre all’opposizione, Palmiro Togliatti intervenendo alla Camera afferma che «è da considerare democratica solo quella maggioranza che corrisponde al blocco politico di cui fanno parte le sinistre.

Soltanto una coalizione di questo tipo può essere considerata legittima a tutti gli effetti». Alla luce di tali poco democratiche teorizzazioni, lungo l’intera storia della Repubblica coloro che non rientrano nell’area politico-culturale della sinistra vengono additati alla pubblica opinione come dei veri “sabotatori della democrazia”. Infatti, De Gasperi diviene, dopo la svolta del ‘47, “il servo degli americani”, mentre la Democrazia Cristiana negli anni a venire altro non è che “l’espressione della più retriva borghesia italiana”. Per tacere delle frecce intinte nel veleno lanciate contro Bettino Craxi, «un bandito di alto livello», o verso Silvio Berlusconi, «un fenomeno dai forti tratti criminali».

Ai nipotini di Palmiro Togliatti, in apprensione per le sorti della democrazia italiana all’indomani dell’affermazione del centrodestra nel marzo 1994, rispose lo storico Renzo De Felice: «Il nostro sistema politico non corre in alcun modo rischi di tipo autoritario. Deve essere chiaro che l’obiettivo di coloro che continuano a lanciare allarmi è quello di spaventare il Paese, per prendere voti che non riuscirebbero ad ottenere con gli argomenti politici». Ed è precisamente ciò che si appresta a fare ancora una volta, in vista degli appuntamenti elettorali a Primavera, la sinistra italiana. Si ignora, però, che il “fascismo eterno” è ormai una pellicola sempre più consumata e sbiadita.

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