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Tim, il crollo in Borsa e il sospetto: "Livelli di scambio anomali"

Attilio Barbieri
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Cessione della rete al fondo Kkr entro agosto, posizione finanziaria alleggerita e ritorno al dividendo nel 2026 con il nuovo piano d’impresa Tim presentato ieri dall’ad Pietro Labriola. Ma le novità, tutte positive, non hanno entusiasmato i mercati. Al contrario, il titolo Telecom Italia è stato letteralmente sommerso dalle vendite e ha chiuso a Piazza Affari in calo del 23,79%, a 0,21 euro. Una reazione inattesa. E «ingiusta» ha puntualizzato Labriola nel corso della conference call con gli analisti. Boom di titoli scambiati. Sono passate di mano oltre 1,89 miliardi di azioni, pari al 12% circa del capitale ordinario.

«Con la cessione di NetCo riusciremo a essere nuovamente un’azienda in grado di vivere bene sul mercato ripristinando una totale flessibilità finanziaria», aveva esordito l’ad in conferenza telefonica, «certo, non tutti capiscono le nostre strategie, non ci sono le giuste reazioni del mercato ma capirete che manterremo le promesse di oggi». A preoccupare gli analisti sono soprattutto i conti sul debito dopo la separazione da rete. «Sarà da capire meglio il deleverage a 1,6-1,7 nel 2026 rispetto a 1,3 delle attese», hanno scritto gli analisti di Equita, «il maggior leverage dovrebbe dipendere da un livello di partenza più elevato rispetto al nostro 6,8 miliardi (con Sparkle)». Mentre per Intermonte «la leva finanziaria dovrebbe scendere a 1,6-1,7 entro il 2026, prima di considerare la remunerazione degli azionisti e l’eventuale guadagno incrementale sulla vendita di NetCo, il che implica un debito netto 2026 di 7-7,5 miliardi, leggermente superiore alle nostre stime di 6,4 miliardi».

 

 

 

La stragrande maggioranza degli analisti in conference call ha incalzato il management soffermandosi sulle previsioni di cash flow per il 2025-2026 che torna a crescere dopo un 2024 in negativo, a cui non corrisponderebbe però un analogo livello di taglio del debito. Lo scivolone a Piazza Affari ha però lasciato il segno. «Dobbiamo capire cosa non è stato compreso. Il lavoro sembra non essere stato capito per l’effettivo valore», ha chiosato Labriola. Di sicuro il piano 2023-2026 Free to run, approvato ieri dal cda del gruppo telefonico, non ha ottenuto l’accoglienza sperata. Mentre sulla vendita di Sparkle «la conversazione con i partner sta procedendo», ha aggiunto l’ad, e «confermo che c’è interesse a proseguire. Speriamo nelle prossime settimane di poter dare ulteriori dettagli».

Qualche indizio è arrivato in serata da Parigi, dove Vivendi, maggiore azionista di Tim con il 23,7% del capitale e ostile alla separazione della rete, ha ulteriormente svaluto la propria partecipazione di 1,347 miliardi. Lo ha comunicato in una nota il gruppo francese che ieri ha annunciato i dati definitivi del 2023, esercizio chiuso con un fatturato pari a 10,51 miliardi di euro, in crescita del 9,5% sul 2022 e un utile netto a 405 milioni, in forte crescita rispetto alla perdita di un miliardo contabilizzata l’anno precedente.

 

 

 

Labriola ha lasciato intendere che sullo scivolone a Piazza Affari qualche sospetto c’è. «Con l’aiuto dei nostri advisor analizzeremo i volumi degli scambi in Borsa», ha spiegato agli analisti. Di sicuro qualcuno ha remato contro il nuovo piano senza la rete ma con il ritorno alla cedola. Il mancato accordo con i francesi resta l’unica grande incognita. Si capirà nei prossimi giorni chi abbia scatenato lo tsunami. Non rimane che attendere. 

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