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Casa, così ho dovuto svendere quella dei miei

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Ignazio Stagno
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Signor Stagno ha visto in che direzione andiamo? La casa è del 1974, le conviene vendere in fretta». Le parole del mio agente immobiliare sono il manifesto dell’ansia che si è abbattuta su tanti proprietari di casa. Le nuove norme green volute dall’Europa imporranno ristrutturazioni pesanti (e costose) a milioni di italiani. Così ho deciso di togliermi il pensiero prima di finire imbrigliato nel caos dei lavori per vendere a un prezzo accettabile la mia casa di Palermo. Da 13 anni vivo a Milano e l’idea di tornare giù non è mai entrata in agenda. Ma mi sono trovato, come tanti di noi, a gestire l’eredità di un appartamento di appena 100 metri quadri in zona Brancaccio, la casa dei mie genitori acquistata con il sudore sulla fronte.

Ricordi, l’odore del legno dei crest dell’Esercito appesi al muro che il “maresciallo” spolverava ogni settimana e la malinconia di quelle stanze vuote che trasudano istantanee della mia infanzia e della mia adolescenza spazzate via dalla nuova frenesia immobiliare: vendere perché le cose cambieranno. Un mantra che mi ha accompagnato in questi ultimi 12 mesi tra annunci, testi e votazioni che hanno cambiato gli scenari per chi ha una casa. Chi ha comprato casa mia ha chiesto subito un finanziamento per una ristrutturazione dell’appartamento allineandolo ai nuovi standard che prevedono edifici a emissioni zero entro il 2030 e lo stop alle caldaie a gas entro il 2040. Tradotto: 20mila euro in più sul mutuo. Una botta che mi sarei trovato sul groppone se avessi cercato di sistemare l’appartamento prima di metterlo in vendita. Un peso che ho scaricato però su chi abiterà quella casa dopo di me ma che inevitabilmente ho dovuto sottrarre al prezzo di vendita.

 



Per chi vive fuori dalla città dove aveva messo le radici, gli immobili ereditati possono diventare un macigno. Non più un bene rifugio. Il mercato prossimamente andrà sempre di più nella direzione del “green è meglio” e anche l’acquirente pretenderà di trovare già l’appartamento dotato di tutti i comfort verdi. E chi non ha liquidità disponibile per adeguare nell’immediato la sua proprietà dovrà per forza affrettarsi a (s)vendere per evitare di trovarsi tra qualche anno nella condizione umiliante di dover “regalare” un immobile che ha già 50 annidi vita. L’acquirente cercherà di tirare giù il prezzo rilevando la mancanza di un impianto di riscaldamento adeguato alle direttive o banalmente la mancanza di una predisposizione del palazzo all’uso dell’energia prodotta dai pannelli solari. Dettagli non da poco che entrano nella trattativa di una vendita e che diventano spade di Damocle per chi ha un immobile da vendere. Così dopo lunghe telefonate, messaggini ed estenuanti scartoffie da produrre per chiudere l’affare, sì, ho svenduto la mia casa. Il tutto per evitare le rogne che ormai si stanno affacciando sempre di più sul mercato.

Palermo non si cancella con una firma da un notaio e con un assegno. Ma chi scrive ha voluto chiudere un cerchio col passato e mettersi tutto alle spalle. Con regole arrivate da Bruxelles è piovuto un assist per accelerare la vendita e la spedizione verso Milano di scatoloni con gli ultimi brandelli di una vita familiare che fu. Ma, sentimenti a parte, anche uno stupido sa bene che con gli “obblighi” nel nome del green il mercato immobiliare sarà totalmente stravolto con deprezzamenti per chi vende e spese mostruose per chi acquista. Palermo resterà un posto dove andare d’estate, dove divorare sfincione con gli amici di sempre, ma senza più una casa. Quella se l’è portata via il rotolare degli eventi. E anche la burrasca verde che rischiava di travolgere le mie tasche.

 

 

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