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Occupazione, più premi ai lavoratori per incrementare la nostra produttività

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Bruno Villois
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Gli indicatori sulla fiducia dei consumatori e delle imprese rappresentano uno dei riferimenti più importanti per il sistema economico. Entrambi sono particolarmente volatili in un periodo come l’attuale, nel quale incertezza e insicurezza tendono a dominare lo scenario mondiale. Non necessariamente i due indicatori coincidono, ma quando lo fanno si tendono a manifestare componenti che sono portatori di alti rischi. I conflitti internazionali in corso, le tensioni economico finanziarie in Cina, l’accelerazione dell’intelligenza artificiale nel quotidiano, alimentano ricadute negative e stimolano preoccupazioni e pessimismo. Se esaminiamo l’andamento in Italia dell’indicatore fiducia di consumatori e imprese, rileviamo posizioni difformi, il primo è cresciuto a gennaio e febbraio, scendendo poi in marzo e aprile. Il secondo è salito in gennaio e marzo ed è sceso a febbraio e aprile, mese in cui è calato di oltre 2 punti. Entrambi hanno perso tra i 6 e gli 8 punti in rapporto all’ultimo trimestre dello scorso anno.

A incidere particolarmente sulla fiducia dei consumatori è lo strascico dell’inflazione, quasi domata ma con un costo della vita che è rimasto gravato di quei 15 punti accumulati nei precedenti 18 mesi che, in assenza di una crescita economica ben superiore all’attuale, ovvero di almeno 1,5-2 punti, peserà sul potere d’acquisto come un macigno. Diverso e forse ancora più importante per la crescita economica, è il dato delle imprese che da almeno tre trimestri hanno visto calare gli ordini internazionali e quelli domestici. Il governo si trova in una situazione oggettivamente complessa, con tre-quattro situazioni che si potranno smaltire in non meno di un paio di lustri: il sovraccarico del Superbonus del 110%, i ritardi di modernizzazione della pubblica amministrazione ma anche in gran parte delle imprese, essendo nella misura del 95% Pmi e soprattutto micro, i costi della trasformazione digitale e ambientale. Il tutto inserito in un contesto di focolai bellici mai cosi importanti dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi e in procinto di allargarsi ulteriormente con il caso Taiwan-Cina.

L’attuale maggioranza, pur sottoposta a pressioni elettorali, deve ed essere coesa e puntare sull’appoggio delle rappresentanze datoriali almeno per le maggiori sigle, Confindustria e Confcommercio in testa, pronte a cooperare con la massima disponibilità ed elasticità per sostenere la messa in atto dei programmi governativi i, a cominciare dal piano di utilizzo delle generose risorse del Pnrr. Piano che ad oggi ha saputo rispettare le tempistiche assegnate per incassare gli importi previsti alle relative scadenze, ma che deve accelerare nella messa a terra e per farlo puntare proprio sulle datoriali. Le quali a loro volta dovrebbero convincere i loro associati a dare corso a forme incentivanti della produttività con premi ai lavoratori, in modo da ridurre il differenziale tra reddito e costo della vita, ma anche su concrete e continuative forme di aggiornamento professionale che favoriscano il mantenimento dei posti di lavoro ed evitino che l’accelerazione nell’ingresso dell’intelligenza artificiale produca un calo, anche solo temporaneo dell’utilizzo del capitale umano.

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