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Ue, serve il ceto medio per far ripartire l'economia

Bruno Villois
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L’economia mondiale continua a essere fragile, tutti i maggiori indicatori socio-economici sono sotto il livello 50, quelli della fiducia s’avvicinano sempre più a 45, una dato che fa comprendere quanto il sistema economico occidentale - e più in generale mondiale - sia alla ricerca di un filo conduttore che le consenta di risalir la china. 

Le tensioni geopolitiche e soprattutto i confitti in corso alimentano le condizioni per accelerare ulteriormente verso il ribasso L’unica economia, seppure la più coinvolta nelle problematiche geopolitiche, che resiste al rallentamento mondiale è quella statunitense che continua a veleggiare in tutti gli economics: il numero di occupati, i salari, il mercato finanziario, gli investimenti in tecnologia, ma anche nello sviluppo della ricerca di base e quindi del sistema universitario. 

Il motivo della differenza è dovuto alla forza trainante di migliaia di imprese di grandi e grandissime dimensioni, sovente straordinariamente audaci nell’anticipare azioni che poi si rivelano di fondamentale importanza per lo sviluppo. Tra esse occupa un posto di traino Nvidia che, in un batter d’occhio, si è posizionata al terzo posto delle capitalizzazioni di Borsa mondiali, dietro solo ad Apple e Microsoft, entrambe a rischio di essere da essa scavalcate, data l’impetuosità della crescita del gigante dei microchip. Questi iper dinamici e visionari top player globali (e almeno altri 10 colossi), hanno capitalizzazioni superiori al trilione di dollari, e stanno letteralmente trascinando l’economia Usa, grazie alla straordinaria molteplicità di filiere che sono agganciate alle loro ricerche e attività in corso. Bene sottolineare quante siano le imprese - sia di business innovativi che tradizionali che superano i 500 miliardi di dollari di capitalizzazione, tutte quotate al Nyse e al Nasdaq. In Europa di imprese che s’avvicinino ai quei numeri, c’è solo Lvmh, regina mondiale del lusso. 

Gli altri colossi Ue raramente raggiungono i 100 miliardi e fanno parte dei settori energia, servizi, finanza ed assicurazioni. Vero è che nella manifattura dell’auto tedesca ci sono i primi gruppi del globo, insieme a Toyota e ai francesi, ma i loro indotti e filiere, pur essendo essenziali per l’occupazione insieme alle costruzioni, raggiungono risultati economici bassi e di limitato interesse per gli investitori. L’Europa, tra le sue impellenti necessità, ha quella di dover puntare ad avere imprese tech di ben altra forza finanziaria e industriale delle attuali, parimenti dovrebbe ideare un listino Ue in grado di attrarre imprese, non solo europee, a quotarsi. Sono decenni che l’Europa perde colpi in economia, una condizione che alimenta un impoverimento in fase espansiva che sta destabilizzando il ceto medio che fino a inizio secolo era il primo perno economico, in termini di ricchezza procapite, capacità e propensione alla spesa. L’Eurolandia politica che uscirà dalle imminenti elezioni dovrebbe avere come core avvicinare i numeri socio-economici europei a quelli Usa.

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