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Open Fiber, la fibra riporta la vita nei piccoli comuni

Luigi Merano
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La tecnologia corre a ritmi sempre più sostenuti, e lo sviluppo di servizi digitali avanzati porta con sé la richiesta di un’enorme quantità di banda. Per poter connettere in maniera efficace più dispositivi contemporaneamente e sfruttare al meglio le potenzialità di TV 8k, domotica, gaming, gestione di file pesanti, serve una rete performante. Oggi l’unica tecnologia che consente connessioni più veloci (1 Gigabit al secondo e oltre) e stabili è la fibra ottica FTTH (Fiber To The Home, fibra fino a casa), e non a caso Unione europea e governo italiano hanno fissato degli obiettivi di connettività Gigabit, da raggiungere rispettivamente al 2030 e al 2026.

Ma a che punto è l’Italia? Negli ultimi anni il nostro Paese, che era molto indietro nelle classifiche per disponibilità di fibra ultraveloce, sta recuperando: a oggi circa il 60% delle case ha a disposizione una rete FTTH, contro il 64% della media UE (report Idate per FTTH Council Europe). Se però osserviamo il dato relativo al take-up, ossia l’effettivo utilizzo della rete, il divario si allarga drasticamente: siamo al 27% contro il 54% dell’Europa.

Questo significa che, sebbene ci sia una rete in fibra ottica, non viene utilizzata in maniera massiva, di fatto sprecando parte degli investimenti realizzati sia con piani pubblici che privati. Per risolvere la situazione, che rischia di rendere impari il confronto delle nostre aziende con i loro competitor internazionali, da un lato si valuta un provvedimento di migrazione dei clienti dalle reti in rame a quelle in fibra ottica (switch-off del rame, così come avvenuto per le TV dall’analogico al digitale), mentre dall’altro, nel breve periodo, alcuni operatori stanno lanciando iniziative per favorire l’adozione della fibra. È il caso di Open Fiber, principale player FTTH italiano, che opera all’ingrosso: realizza cioè l’infrastruttura che viene utilizzata dai suoi operatori partner per fornire connettività a cittadini e imprese. «Open Fiber sta lavorando per far sì che ci sia una maggiore consapevolezza, nelle famiglie e nelle aziende, della disponibilità di una rete in fibra ottica e della possibilità di attivare subito una connessione ultraveloce», spiega Mauro Accroglianò, direttore Mercato Residenziale di Open Fiber.

«Insieme agli operatori partner abbiamo lanciato una serie di attività, in particolare nei piccoli comuni e nelle zone più periferiche, le cosiddette aree bianche: da una campagna di informazione via camper, fino a buoni acquisto peri clienti che attivano una nuova linea in fibra ottica. Lo scopo è comunicare che la fibra è utilizzabile e sostenere la domanda di connettività ultraveloce, che può contribuire allo sviluppo delle attività di cittadini e imprese, come ad esempio il turismo dei nostri borghi o la possibilità di lavorare da casa, contribuendo al ripopolamento dei territori». Le aree bianche sono quei piccoli comuni, oltre 6000, in cui nessun operatore aveva manifestato interesse a intervenire per portare connettività ultraveloce.

Lo Stato è quindi intervenuto con i bandi pubblici del Piano Banda Ultra Larga, assegnati a Open Fiber che ora ne sta completando l’opera di infrastrutturazione. «Nelle aree bianche, dove realizzare la rete è particolarmente complicato, Open Fiber sta lavorando per ridurre i tempi di attivazione e migliorare la customer experience. C’è un mondo di potenzialità da sfruttare insieme agli operatori», osserva Accroglianò. I piccoli comuni, che secondo Anci rappresentano il 70% dei comuni italiani, hanno visto un’inversione di tendenza allo spopolamento in seguito alla pandemia, e la presenza di un’infrastruttura chiave come la rete in fibra ottica è senz’altro un elemento chiave per le prospettive abitative.

«Solo attraverso la fibra ottica il Paese, nelle grandi città come nei piccoli borghi, potrà beneficiare di tutti i vantaggi della digitalizzazione. Per completarla, serve un processo ordinato di spegnimento della rete in rame, che coinvolga tutti gli stakeholder e consenta la migrazione, in un arco temporale medio, dei clienti dalla vecchia tecnologia alla nuova», conclude Accroglianò.
 

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