Per ridurre il tempo che separa dall’uscita dal lavoro e accedere alla pensione, è possibile riscattare fino a cinque anni di contributi. Una recente circolare Inps ha chiarito i dettagli di uno strumento chiave per accumulare risorse in vista dell’assegno previdenziale: la pace contributiva. Come specifica l’istituto di previdenza sociale, questa misura, introdotta dalla legge di Bilancio, consente ai lavoratori di "integrare fino a cinque anni nella propria storia contributiva attraverso il riscatto di periodi privi di contribuzione". Questi anni si possono sommare a quelli già previsti da una misura sperimentale attiva tra il 2019 e il 2021. Quali periodi possono essere inclusi nella pace contributiva? Si tratta di anni o periodi senza contributi obbligatori, collocati, ad esempio, tra due impieghi. In altre parole, non è possibile riscattare anni precedenti al primo lavoro. I periodi riscattati, anche non consecutivi, saranno validi sia per maturare il diritto alla pensione sia per determinarne l’importo. Attenzione, però: per beneficiare di questa misura, servono requisiti specifici. La pace contributiva è riservata a chi è iscritto all’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), alle sue forme sostitutive o esclusive, alle gestioni speciali per autonomi, commercianti, artigiani, o alla Gestione separata. Inoltre, è necessaria una condizione precisa: la misura si rivolge ai “contributivi puri”, ossia chi non ha contributi versati prima del 1° gennaio 1996. La domanda va presentata entro il 31 dicembre 2025. Per farlo, si può utilizzare il portale Inps, accedendo alla sezione “Portale dei servizi per la gestione della posizione assicurativa” e selezionando “Riscatti”; oppure il Contact center multicanale (numero verde 803 164 da fisso, 06 164164 da mobile), i patronati o gli intermediari dell’Istituto.
Il primo step è abbastanza semplice: il lavoratore deve presentare la domanda accompagnata dalla documentazione a supporto che attesti il periodo di lavoro per il quale si richiede il riscatto dei contributi omessi. A questo punto, in un secondo passaggio, scatta la verifica da parte dell'Inps: l’istituto potrà avvalersi di testimonianze, documenti fiscali e controlli incrociati per validare la richiesta. Poi il momento del saldo: è in questa fase che arriva la definizione dell’importo da versare, la cifra di fatti sarà calcolato in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2, commi 3, 4, 5 e dall’art. 4 del D.lgs. 184 del 1997. "In caso di domanda presentata dal lavoratore", spiega l’Inps, "sono previsti pagamenti rateizzati per agevolare chi intende riscattare più anni di contributi". Tuttavia, "per le gestioni private, il pensionato non può richiedere il pagamento rateale e il pensionamento comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione, con obbligo di pagamento del capitale residuo in un'unica soluzione".
L’operazione comporta un costo significativo. Il calcolo è “proporzionale” e dipende dall’ultima retribuzione annua al momento della domanda, moltiplicata, ad esempio, per l’aliquota Ivs (Invalidità, vecchiaia e superstiti) per i dipendenti. In pratica, più alto è l’ultimo stipendio, maggiore sarà il costo. Con una Ral di 30mila euro, ad esempio, un anno di riscatto costa circa 10mila euro. È possibile pagare a rate, fino a 120 mensilità di almeno 30 euro, senza interessi, come chiarisce l’Inps.