Il fondo saudita può essere strategico per l’economia Ue

Il faraonico progetto dell’Arabia Saudita di costruire la metropoli più grande e innovativa del globo è in corso con una previsione di terminarlo entro 10 anni entro 10 anni.
di Bruno Villoissabato 5 luglio 2025
Il fondo saudita può essere strategico per l’economia Ue

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Il faraonico progetto dell’Arabia Saudita di costruire la metropoli più grande e innovativa del globo è in corso con una previsione di terminarlo entro 10 anni entro 10 anni. Innumerrevoli saranno le azioni parallele per diventare uno dei primi protagonisti del nuovo ordine mondiale. La via del cotone, alternativa a quella cinese della seta, è tra i primi obiettivi, con pieno supporto di Trump e buona parte dei componenti dell’area Euro.

L’occidente, inteso come Usa, Europa, Giappone Corea e dintorni, quest’ultimi tutti sotto la sfera Usa, seppur facenti parte del patto RCEP a guida Cinese, sono i migliori cliente da sempre per l’acquisto dell’oro nero saudita con la volontà è di proseguire in quella direzione è un secondo prioritario obiettivo. Una strategia che per essere attuata punta sulla disponibilità finanziaria e con questa sull’ingresso in gruppi economici strategici europei e su quote non di controllo ma in grado di interferire sugli indirizzi e scelte.

Il Public investiment fund è il fondo sovrano dell'Arabia Saudita, ed è uno dei più grandi del mondo, con un patrimonio totale stimato in circa un trillione di dollari. Ad oggi già possiede quote di partecipazioni di minoranza nelle statunitensi Uber, Cisco, Pfizer, Disney, City Group, Bank of America, Boeing e le europee Eni e Total. Per ora la scelta è stata a favore delle statunitensi, ma da qui ai prossimi anni la situazione potrebbe cambiare in maniera rilevante. Recentemente ha acquisito il 30% del numero uno europeo delle imbarcazioni da diporto, mentre l’italiana Azimut è entrata nel calcio continentale con l’inglese New Castle e si vocifera di forti interessi, in coabitazione con fondi Usa, soggette a regolamentazioni che obbligano all’assoluta trasparenza, sia nei termini della partecipazione esistente che su successivi ingressi.

Un cavallo di Troia che troverebbe rapidamente aperture nel caso perdurasse la debolezza dell’economia continentale e ci fossero exploit dei prezzi del petrolio se ci fosse una ripresa anche solo parziale delle produzioni industriali europee. Altro bersaglio possibile e accattivante in termini sia di ritorno sull’investimento che di incidenza sui governi europei e quello dell’ingresso in entrambe, o almeno in una delle due società che gestiscono le Borse Europee, Euronext, di cui fa parte Piazza Affari e London Stock Exchange. Parimenti di particolare interesse potranno essere le partecipazioni azionarie in banche e assicurazioni, alcune delle quali potrebbero entrare nel mirino del fondo saudita.

Importante che non solo i governi ma anche e forse soprattutto le comunità finanziarie europee valutino con grande attenzione il significato che potrebbe avere un ingresso di un fondo di quelle dimensioni e in grado di rifornire le proprie finanze in maniera e misura illimitata, grazie alla liquidità che viene fornita dal petrolio. Il petrolio a differenza, di quanto pensino molti, per ancora molti lustri, sarà protagonista indiscusso dell’economia mondiale. Siamo alla soglie di un profondo riassestamento del sistema economico globale, l’Europa a differenza degli Usa, dispone di limitatissime risorse naturali, che la obbligano ad approvvigionarsi in gran parte proprio nei paesi arabi e nord africani. L’Arabia Saudita in quei territori è un soggetto guida, è importante che l’Europa definisca ampi programmi di collaborazione, senza però esserne né vincolata né sottomessa.