La corsa all’oro è ripartita. Dopo alcuni mesi di disorientamento che hanno calmierato le quotazioni del metallo prezioso, la decisione di Donald Trump di imporre un dazio del 39% ai beni esportati dalla Svizzera negli Stati Uniti ha scatenato una nuova rincorsa. Ieri le quotazioni sono balzate al nuovo record di 3.534 dollari l'oncia. Ma non sono soltanto i nuovi dazi ad aver riacceso l’interesse per il metallo giallo. Certo, la decisione di Trump ha scatenato una vera e propria corsa all'oro dai depositi europei verso quelli americani. I caveau delle banche nel Vecchio Continente stanno registrando una diminuzione senza precedenti delle riserve, con i tempi di attesa per ritirare il metallo prezioso passati da pochi giorni a 4-8 settimane. Nel frattempo, trader e investitori istituzionali hanno accumulato lingotti per un valore di 82 miliardi di dollari nei depositi di New York, il livello più alto dal luglio 2022. Questo esodo dell'oro riflette non solo i timori sui dazi, ma anche le differenze strutturali tra i mercati. In Inghilterra e in molti altri Paesi europei i lingotti vengono depositati in formato da 400 once, mentre a New York si negoziano quelli da 100 once.
La Svizzera ha funzionato da intermediario cruciale, ridimensionando fisicamente i lingotti per renderli compatibili con il mercato americano. Per avere un'idea delle grandezze in gioco bastano pochi numeri. Tre in tutto. La Svizzera esporta annualmente oltre 61 miliardi di dollari in lingotti d’oro negli Usa. Una cifra che sarebbe colpita dalla nuova tassa trumpiana di 24 miliardi di dollari con una aliquota del 39%. Questo spiega la rincorsa al lingotto che si è scatenata negli ultimi giorni. Ma dietro al nuovo rally del metallo prezioso c'è una combinazione esplosiva di fattori: alle tensioni commerciali innescate dalle tariffe doganali Usa si sommano gli acquisti massicci delle banche centrali e la ricerca di beni rifugio in un mondo sempre più volatile. Nel 2024, per il terzo anno consecutivo, le banche centrali hanno superato la soglia delle 1.000 tonnellate di acquisti d’oro, raggiungendo 1.045 tonnellate, con la Polonia in testa (90 tonnellate), seguita da Turchia (75 tonnellate) e India (77 tonnellate).
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PARACADUTE EFFICACE
E per gli investitori, l’oro si sta confermando come uno strumento essenziale per navigare le turbolenze del 2025. Gli esperti consigliano strategie di copertura che includono il metallo prezioso insieme a yen giapponese e opzioni put azionarie. In Italia, dove l’oro da investimento gode di esenzione Iva ma è soggetto a tassazione del 26% sulle plusvalenze, la domanda del pubblico di investitori, piccoli e grandi, sta crescendo nonostante i prezzi record. Anche il mercato degli Etf, i fondi che replicano l’andamento del bene su cui concentrano gli investimenti, registra flussi in entrata significativi, con strumenti come l'Etc Wisdomtree Gold che ha guadagnato il 25% da inizio 2025. Anche l’argento, tradizionalmente più volatile, sta beneficiando della situazione, con previsioni di forti rialzi dopo una andamento 2024 inferiore a quello dell'oro.
Ma il fenomeno più sorprendente sul metallo giallo, accade in Cina, dove nel secondo trimestre del 2025 le famiglie hanno acquistato 126 tonnellate in monete e lingotti d'oro, contro appena 65 tonnellate sotto forma di gioielli. È la prima volta nella storia moderna che la domanda da investimento supera così nettamente quella ornamentale nel principale mercato di consumo mondiale. Segno anche che i cinesi non sono così convinti della bontà delle decisioni adottate dal loro governo sui dazi. La domanda di monete d'oro e lingotti da investimento al dettaglio è cresciuta del 23,7%, a 264 tonnellate, mentre la domanda di gioielli è crollata del 26% a causa dei prezzi record. Dietro questa trasformazione si nasconde una rivoluzione demografica: gli acquirenti cinesi più giovani, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, hanno aumentato la loro quota di acquisti complessivi di oro dal 16% al 59% dal 2023.
CINA PRIMO MERCATO
La scelta è significativa: i giovani cinesi preferiscono acquistare chicchi d’oro da un grammo per conservare il patrimonio a lungo termine, abbandonando l’approccio tradizionale dell’oro come ornamento per abbracciare una visione finanziaria del metallo prezioso. Ma il fenomeno cinese si riflette anche sui mercati finanziari europei. Secondo Amundi, soltanto nel primo trimestre del 2025 sono stati allocati 3,8 miliardi di euro verso l’oro attraverso strumenti finanziari. Una cifra che testimonia come l'interesse per il metallo prezioso non si limiti più ai mercati emergenti, ma coinvolga sempre più gli investitori istituzionali occidentali. Gli Etf sull'oro si confermano il veicolo preferito per questa allocazione, offrendo opportunità a bassi costi di gestione senza le complicazioni della custodia fisica. Tra i più popolari si distinguono l'iShares Physical Gold Etc, l'Invesco Physical Gold A e il WisdomTree Core Physical Gold, che hanno registrato flussi record a partire dai primi mesi del 2025. Ma quanto è accaduto finora potrebbe rappresentare soltanto l’aperitivo. $ in atto pure un ritorno d’interesse per le azioni minerarie. Mentre l'oro fisico continuava la sua corsa verso i 3.500 dollari l'oncia, le azioni delle società minerarie hanno vissuto un vero e proprio risveglio.
L'indice Dax Global Gold Miners ha registrato la migliore performance settoriale del 2025 con un guadagno del 60,70%. Più di quanto ha guadagnato l’oro fisico. Anche i fondi sovrani stanno rivoluzionando il loro approccio al metallo giallo, visto ora come copertura strategica contro rischi sistemici, dalla frammentazione globale all'aumento del debito statunitense. Non si tratta più solo di accumulo fisico: nei prossimi cinque anni, la percentuale di banche centrali che prevede di utilizzare derivati sull'oro raddoppierà. Difficile dire cosa ci aspetti in futuro. Gli analisti mantengono previsioni ottimistiche ma le previsioni più aggressive arrivano dagli investitori retail, che secondo recenti sondaggi vedono l’oro a 3.679 dollari entro fine anno. Numeri che potrebbero sembrare eccessivi, ma che riflettono la crescente fiducia in un bene capace di reinventarsi nell’era digitale senza perdere il suo fascino millenario.