Negli ultimi anni, l’Italia ha compiuto passi importanti per colmare il divario che la separava dalle grandi potenze digitali. Oggi, però, con l’avvento dell’IA Agentica – una nuova generazione di sistemi intelligenti capaci di agire autonomamente e adattarsi ai contesti operativi – la sfida si sposta sul piano delle competenze. E sono sempre dolori. Il rischio, questa volta, non è di non possedere la tecnologia, su cui il ritardo è ormai incolmabile, quanto di non essere neanche pronti a usare quella degli altri.
Il capitale umano è la leva decisiva per trasformare il potenziale tecnologico in risultati concreti.
Ma quasi nessuno, manco a dirlo, è pronto: il 67% delle aziende italiane, secondo una rilevazione di Microsoft Italia, segnala una carenza di profili adeguati, e oltre 4 milioni di lavoratori non dispongono di sufficienti competenze digitali. Nasce da qui l’idea dell’AI Skills 4 Agents Observatory, promosso da TEHA Group in collaborazione con la stessa Microsoft Italia, Avanade e altri partner strategici. L’obiettivo è creare un approccio integrato che coinvolga imprese, università, istituzioni e centri di formazione per preparare il sistema Paese alla transizione verso l’IA Agentica.
Missione non semplice. Secondo i dati dell’Osservatorio, il mismatch tra domanda e offerta di competenze digitali avanzate è cresciuto del 2,6% in soli sei mesi, a conferma di una difficoltà crescente nel trovare talenti con le skill necessarie. La tecnologia è disponibile, ma serve un investimento sistemico nella formazione, soprattutto in un tessuto economico dominato da piccole e medie imprese.
A livello globale lo scenario è noto: negli Stati Uniti è concentrato oltre il 72% degli investimenti, mentre l’Europa, Italia inclusa, fatica a tenere il passo. Uno squilibrio che rischia di minare la competitività. E di mandare in fumo un potenziale enorme. Secondo il modello di impatto TEHA, l’IA potrebbe contribuire fino al 17,9% del nostro Pil. Un bottino che non può essere acciuffato senza colmare il divario di competenze. «Non la tecnologia, ma il capitale umano è per l'Italia il vero fattore di ritardo nella corsa all'IA Agentica», sottolinea Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di TEHA Group, secondo cui l’innovazione «non è più una scelta ma un obbligo: le aziende che non si adatteranno a questo nuovo paradigma rischieranno di restare indietro, perdendo competitività in un mondo che sta rapidamente diventando sempre più automatizzato e autonomo. Solo attraverso una strategia ecosistemica sarà possibile comprendere e sfruttare il potenziale dell'IA Agentica, garantendo una transizione tecnologica efficace che risponda alle esigenze concrete delle aziende e colmi definitivamente il gap di competenze».
«La storia - aggiunge Vincenzo Esposito, Amministratore Delegato di Microsoft Italia - ci insegna che le grandi innovazioni generano grandi opportunità». La vera sfida è la transizione, preparando chi lavora per l’AI Economy attraverso la formazione, ha proseguito, evidenziando che «in questo contesto, è fondamentale che il tessuto produttivo italiano, composto in gran parte da piccole e medie imprese, possa accedere a tecnologie e competenze per evitare nuovi divari digitali. L’IA può diventare il motore di una nuova stagione di crescita. Unendo ingegno umano e tecnologia, possiamo costruire un futuro in cui l’Italia non solo adotta l’innovazione, ma la guida con visione, passione e spirito imprenditoriale».