Il nodo sono le risorse. Ma la volontà politica c’è. Lo ha ribadito giovedì il viceministro dell’Ambiente, Vannia Gava: «Insieme al ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, stiamo lavorando per cercare di portare al 50% le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni delle abitazioni anche nel 2026, oggi al 36%, e valutiamo di rendere possibile usufruirne in cinque anni anziché dieci, rendendo l’ecobonus più immediato e conveniente».
L’intervento che si profila, dunque, è quello di una proroga per le spese per le prime case, che fino alla fine di quest’anno godranno di uno sconto del 50%, e di un aumento per quelle delle seconde case (ora al 36%). Perché, in assenza di interventi, dall’anno prossimo la percentuale scenderà al 36% per la prima casa, e al 30 per le altre, sempre per un massimo di 96mila euro. Dal 2028 diventerà indistintamente del 30%, su un importo massimo dei lavori di 48mila euro. Inoltre, come stabilito dall’ultima manovra, anche le altre detrazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio, come il Sismabonus, scenderanno al 30% nel biennio 2026-2027.
OBIETTIVO
L’obiettivo insomma è di sterilizzare, almeno in parte, i tagli programmati per il prossimo anno agli interventi di ristrutturazione (come spostamento di tramezzi, il rifacimento di impianti, l’installazione di infissi o pompe di calore, la posa di pavimenti e la manutenzione straordinaria dei bagni). Un obiettivo certo ambizioso, nella difficile composizione della manovra, perché la conferma del bonus ristrutturazioni e dell’ecobonus al 50%, insieme ad altri dodici mesi di bonus mobili, costerebbe poco più di due miliardi di euro.
Ma oltre alla proroga, il governo sta valutando anche un ritorno almeno parziale all’utilizzo della rateizzazione in cinque anni per alcuni bonus casa invece che in dieci. Si tratta di una modifica decisamente più complicata rispetto a un semplice differimento, perché avrebbe notevoli effetti sulle finanze pubbliche. Poco più di un anno fa, infatti, l’esecutivo aveva deciso di spalmare su dieci anni le detrazioni rateizzabili in cinque, proprio per evitare un impatto eccessivo (e concentrato) degli oneri a carico del bilancio dello Stato. Del rersto, per quanto apprezzati da chi li utilizza, i bonus sono diventati impopolari per una parte dell’opinione pubblica, soprattutto per l’esperienza del Superbonus: sono costosissimi per lo Stato, si prestano a truffe e sprechi, e sono iniqui, visto che non vengono erogati in base al reddito e finiscono anche per agevolare chi non ne avrebbe bisogno. Ma oltre al bonus casa, sono diverse le agevolazioni in scadenza.
A cominciare dal tanto detestato Superbonus al 65%, che terminerà alla fine di quest’anno. Introdotto nel 2020 dal governo Conte per rilanciare l’economia dopo il Covid, e poi prorogato a più riprese, spettava per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici nella misura del 110% del costo dei lavori sostenuti. In sostanza, lo Stato non solo copriva l’intera spesa, ma pagava pure un sovrappiù (il 10%, appunto).
Alla detrazione ora non possono già più accedere nuovi interventi, tranne quelli per cui era stata fatta la comunicazione di inizio lavori prima del 15 ottobre del 2024. Questo mentre per le spese sostenute entro il 2023 continua a essere del 110%, per quelle del 2024 è scesa al 70, e per quelle del 2025 al 65. Dopo il 31 dicembre si potranno avere detrazioni solo per i lavori fatti in alcune zone terremotate, e a certe condizioni. Secondo Enea, il Superbonus è costato finora 127 miliardi di euro, di cui solo 3 miliardi sono relativi al 2025. Un’altra agevolazione in scadenza è il bonus barriere architettoniche al 75%. E poi c’è il bonus mobili, attualmente al 50% (con tetto di spesa a 5mila euro); per averne diritto bisogna però che i beni comprati (elettrodomestici o mobili) siano destinati a una casa che è stata ristrutturata tra il 2024 e il 2025.
SERIE DI TAGLI
Una serie di tagli che rischiano di penalizzare il mercato dell’edilizia residenziale e di favorire un ritorno al sommerso. Il tutto riducendo di molto l’impegno del nostro Paese nel raggiungere gli obiettivi fissati dalla direttiva Case green. Non a caso l’attenzione al tema da parte del governo è stata salutata con soddisfazione da molti, a partire da Confedilizia e Cna: «Senza una conferma della detrazione al 50%, per il 2026 stimiamo un giro d’affari di appena 15 miliardi per le ristrutturazioni», dicono da Confederazione. Per dare un’idea della differenza, nel corso di quest’anno si dovrebbero sfiorare i 40 miliardi. E l’urgenza di un intervento è ben presente dalle parti dell’esecutivo.