Altolà della Bce sull'emendamento di Fratelli d'Italia sulle riserve dell'oro di Bankitalia. Ma il partito della premier, sembra, al momento, determinato ad andare dritto per ribadire il concetto che le riserve sono «del popolo italiano». Dopo il gelo sulla prima formulazione, l'Eurotower mette nero su bianco un parere decisamente duro anche sulla riformulazione più light proposta da FdI che, tolto il riferimento allo Stato, ha mantenuto semplicemente quello al fatto che le riserve auree, detenute e gestite da via Nazionale «appartengono al popolo italiano». Nelle considerazioni firmate dalla presidente Christine Lagarde sulla proposta di modifica si mette, però, proprio in discussione la ratio dell'iniziativa. «Non è chiara la finalità della proposta», si legge nel testo che chiede alle autorità italiane di «riconsiderare» la vicenda e, di fatto, non procedere per preservare «l'esercizio indipendente» della Banca d'Italia.
Ma Fratelli d'Italia, al momento, sembra non demordere. Sulla proposta c'è un «sorprendente allarmismo», dice il responsabile programma del partito Francesco Filini, sottolineando che l'emendamento «ribadisce un principio normale e cioè che le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano». Facciamo chiarezza. Per quanto è possibile. L'oro detenuto dalla Banca d'Italia nei suoi forzieri sotterranei e in altri paesi (il 43% è negli Stati Uniti) ai valori attuali di mercato vale 274 miliardi di euro grazie ai fortissimi aumenti di questi anni delle quotazioni. Nel 2019 l'allora governatore Ignazio Visco sottolineò che «nessuno dei partecipanti al capitale di Banca d'Italia (banche, assicurazioni e casse previdenza) può vantare diritti sulle riserve auree e valutarie dell'Istituto». L'oro è espressamente incluso nella nozione di «attività di riserva in valuta» dalla normativa comunitaria che ha disciplinato il trasferimento di attività della specie dalle Banche centrali alla Bce. Una parte dell'oro peraltro deve essere detenuta cautelativamente per soddisfare eventuali richieste da parte della Bcr di ulteriori conferimenti (cd further calls) ex art. 30 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE. Alla fine degli anni 90 la Banca d'Italia infatti conferì una parte delle riserve alla Bce in occasione dell'avvio dell'Unione economica e monetaria. Il nostro istituto centrale è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo Monetario Internazionale. Il quantitativo totale di oro detenuto è pari a 2.452 tonnellate, costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete. Se sui numeri c’è poco da discutere, meno chiara è la questione della proprietà. Nel sito di Bankitalia si legge che l’oro «è proprietà dell'Istituto» ed «è parte integrante delle sue riserve in virtù del Trattato Ue e dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Bce».
E di conseguenza le riserve auree della Banca d'Italia sono iscritte nell'ultimo bilancio di via Nazionale al valore di 197,9 miliardi in forte aumento rispetto al 2023 (quasi 50 miliardi) esclusivamente per l’appezzamento sul mercato del metallo giallo (+34,4%). Il tema dell'oro sotto la proprietà giuridica delle banche centrali nazionali è regolato dal Trattato istitutivo della Ue che ha rango costituzionale. Ma secondo un recente saggio scritto da Salvatore Rossi, ex Direttore generale della Banca d'Italia, «La gestione delle riserve auree deve rispettare le norme che regolano l'attività di una moderna banca centrale» e quindi «da un punto di vista politico l'oro è della Nazione italiana tutta: i suoi organismi rappresentativi possono sempre cambiare le norme che disciplinano la Banca d'Italia e la sua gestione delle riserve ma tenendo in ogni caso presenti l'adesione dell'Italia all'area dell'euro e gli obblighi che ne derivano». Insomma, è di Bankitalia o dell’Italia? Roba da azzeccagarbugli. Ma non sembra così stravagante l’idea che le regole possano essere riscritte rendendo più chiara l’interpretazione di Rossi. Ne è convinto il firmatario dell’emendamento Lucio Malan (FdI): «Si tratta di affermare un fatto che parrebbe scontato e cioè che l’oro delle riserve auree è di proprietà dello Stato italiano, la Banca d'Italia lo detiene lo gestisce, ma la proprietà è dello Stato italiano. Non c'è ovviamente nessuna intenzione di venderlo, come ha fatto la Francia una quindicina d'anni fa. Si tratta di una affermazione di principio che abbiamo pensato di introdurre con un emendamento di modo che resti come legge perché oggi la legge non è chiara al riguardo».




