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Casini, Fini, Bersani & C: il Cav li ha fregati tutti

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Con il passo indietro toglie alibi ai centristi e incrina le certezze di Pd e soci. Ma ora garantisca che il Prof bis non sarà come il primo

Andrea Tempestini
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In dieci minuti Silvio Berlusconi ha cambiato lo scenario politico. L'intervista che mi ha concesso ieri mattina, in diretta su Canale 5, ha ribaltato i termini della questione. Se prima, alle prossime elezioni, la vittoria della sinistra sembrava inevitabile, perché i sondaggi davano i progressisti in vantaggio di diversi punti, mentre il Pdl era segnalato in caduta libera, dopo l'annuncio di un passo indietro del Cavaliere i giochi si sono riaperti e all'appuntamento con le urne non è affatto detto che Pier Luigi Bersani vi arrivi con il sorriso smagliante di chi non ha più avversari da sconfiggere.    Il leader del centrodestra in tv ha infatti confermato ciò che l'altra sera, di ritorno da Mosca, mi aveva anticipato e che io ho raccontato ai lettori di Libero. Se serve a rimettere insieme tutti i gruppi che si identificano con i moderati, lui è pronto a farsi da parte o, per usare un'espressione sua, «se sono d'ostacolo, mi levo dalle scatole». Una promessa che pare fatta apposta per venire incontro alle richieste di Pier Ferdinando  Casini, Gianfranco Fini, Luca Cordero di Montezemolo e, forse, anche di Giulio Tremonti. Più di una volta Casini e Fini avevano posto come requisito per tornare a dialogare con il Pdl l'addio del Cav a Palazzo Chigi. Bene: Berlusconi si dichiara pronto ad assecondare la richiesta, lasciando ad Angelino Alfano il compito di guidare il partito e di stringere le alleanze. Giova però ricordare che sia il leader dell'Udc che quello futurista si sono dichiarati a favore di una riconferma di Mario Monti alla guida del governo. E anche l'ex presidente di Confindustria non pare contrario alla permanenza del professore. Dunque il Cavaliere fa un altro passo, questa volta avanti, dichiarando che l'attuale premier  potrebbe essere il candidato anche del Pdl. Ovvio, non dice che sarà certamente Monti, lasciando la porta aperta anche ad altri. Ma lo fa solo per non bruciare il presidente del Consiglio, per non mettergli il suo marchio di fabbrica sulle spalle. In un colpo solo, Berlusconi ha dunque spazzato via gli alibi che fino ad oggi Casini, Fini e altri avevano usato per respingere l'invito a fare fronte comune contro la sinistra. Ora, se i due esponenti politici non hanno retro pensieri, se cioè non hanno già trattato posti ed elezioni con Bersani e Vendola in vista di un'ammucchiata con i progressisti, nulla osta a riaprire il tavolo per trovare un'intesa con il centrodestra. Niente infatti sembra impedire la nascita di un Fronte nazionale, che dall'Udc al Pdl, dai Futuristi alla Lega, da Montezemolo a Storace, possa dar vita a un'alternativa alla vittoria dell'armata rossa. Una mossa che ha spiazzato tutti, distruggendo mesi e mesi di giochi. Se qualcuno pensava di aver già la vittoria in tasca o se intendeva trarre profitto tenendo una posizione centrista rispetto ai due blocchi, ora è costretto a rifare i conti. Insomma, la decisione del Cavaliere ha cambiato ogni cosa ed egli, annunciando la sua uscita di scena, la scena l'ha occupata prepotentemente. Anche quando non c'è, Berlusconi detta le regole. Che le cose stiano come diciamo lo denota l'imbarazzo con cui Casini e Fini hanno accolto l'annuncio del passo indietro: il discorso dell'ex premier ed ex alleato li ha lasciati senza parole. Vedremo ora come se la caveranno e soprattutto verificheremo in fretta se le loro intenzioni erano genuine o se, al contrario, nascondevano qualche pasticcio. Ciò detto, e dato atto al Cav di essere più politico di tanti politici, c'è un aspetto che vorrei approfondire. Come i lettori sanno, questo giornale non è mai stato tenero con Mario Monti, e non perché Libero sia pregiudizialmente contro il presidente del Consiglio, ma in quanto riteniamo che la sua condotta in economia porti più guai che benefici al Paese.  Evito di dire le motivazioni che sorreggono questa linea: tutti conoscono i dati del Pil, dell'indebitamento e la cifra record dei disoccupati. Si tratta di percentuali che provano il fallimento del governo sul fronte del rilancio dell'economia e dimostrano che con la cura da cavallo imposta dai tecnici il quadrupede chiamato Italia può solo schiattare. Dunque, non siamo tra coloro i quali esultano all'idea che il candidato dei moderati sia l'attuale premier. Se da un lato ci fa piacere che ci sia la possibilità di sconfiggere la sinistra con un fronte unico del centrodestra, dall'altro temiamo di finire dalla padella nella brace. Perciò ci rivolgiamo a Berlusconi affinché si faccia garante di un impegno: ovvero che il Monti bis sia molto diverso, per linea e ministri, dal Monti primo. Se non avessimo il terrore di evocare un mostro della prima Repubblica come Marco Follini, diremmo che, nel caso la scelta cadesse sul Professore, ci sarà bisogno di «discontinuità». O almeno speriamo. di Maurizio Belpietro

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