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La Casta si fa il regalo e a noi rifila l'Imu

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Mentre ci fa pagare la seconda rata dell'imposta municipale (e pare anche la prima), il governo si concede sugli edifici pubblici quel che nega ai cittadini. Con un'aggravante: fa ciò che vuole delle strutture, fregandosene degli enti locali

Giulio Bucchi
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Ultime dal Palazzo: mentre in vista di Natale a noi il governo regala l'Imu, costringendoci a pagare ciò che ci aveva promesso  avrebbe abolito, per sé riserva come dono da porre sotto l'albero un bel condono. Sì, avete letto bene. La notizia è di venerdì sera ed è spuntata tra le pieghe del decreto legge che finge di cancellare la seconda rata dell'imposta municipale unica (in realtà fa rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta, sotto forma di conguaglio comunale per almeno 10 milioni di italiani). E la notizia di ieri è che manca la copertura anche per la prima rata dell'Imu: scatta la clausola di salvaguardia, indovinate chi pagherà. Esatto: noi. Ma torniamo al condono. In pratica, leggendo la normativa appena licenziata dal governo si scopre che alla pubblica amministrazione è consentita «una sanatoria per immobili pubblici non abitativi»  che permette di modificare le destinazioni d'uso rendendo più interessanti gli edifici dismessi. Tradotto significa che una volta convertito il decreto,  dei suoi palazzi lo Stato potrà fare ciò che vuole, in barba a qualsiasi norma urbanistica. C'è una caserma dismessa nel centro di una città o un vecchio edificio adibito ad uso ufficio di fianco a una scuola? Che problema c'è? Per far cassa trasformiamo la prima in un mega supermercato, mentre i locali che ospitavano gli impiegati se necessario possono anche diventare una discoteca o altro... Le ragioni di bilancio passano sopra a qualsiasi regola e se i palazzi non sono a norma e non rispettano la pianificazione comunale, chissenefrega,  la cosa che conta è far quadrare i conti. Così, mentre al cittadino è richiesto il rispetto della legge, pena severe punizioni;  mentre a una famiglia è impedito di ristrutturar casa adibendo ad alloggio  lo scantinato o la soffitta in quanto ciò significherebbe un ampliamento dei volumi  dell'abitazione, nel caso l'immobile sia di proprietà dello Stato si può fare tutto, anche un bordello (vedrete: tra poco pensioneranno la legge Merlin e doteranno pure le professioniste dell'amore di un registratore di cassa, così da obbligarle ad emettere la bolla di accompagnamento quando vanno in trasferta e la fattura con i codice fiscale del cliente al momento della riscossione).  Per farsi la sanatoria su misura, il ministro dell'Economia, quel simpaticone di Fabrizio Saccomanni, ha riesumato un reperto archeologico della prima repubblica, cioè l'ex ministro Franco Nicolazzi, un socialdemocratico che dopo aver ricoperto l'incarico di responsabile dei Lavori pubblici finì la carriera con una brutta storia di mazzette sulla costruzione dei penitenziari. L'onorevole di Gattico, Novara, oltre che per le carceri d'oro è noto anche per la pensione d'oro, una delle più congrue del Palazzo, ma ora potrà passare alla storia anche per aver contribuito con la sua legge a rimettere a posto i conti. Grazie al condono il governo spera  infatti di poter alienare i beni immobili del patrimonio pubblico che non sono adibiti ad alloggi residenziali.  Insomma, il condono serve per aggirare i Comuni, le Province e gli altri enti locali che potrebbero rivendicare il diritto di decidere che cosa fare di un edificio che sorge sul loro territorio. Tutto chiaro? Mica tanto. Se infatti allo Stato è consentito di fregarsene delle regole e anche delle norme urbanistiche perché ha bisogno di quattrini, perché la stessa regola non viene garantita al cittadino? Non chiediamo naturalmente di consentire il far west,  ossia di permettere a chiunque di tirar su quattro mattoni  per poi farne ciò che vuole. No, la nostra obiezione riguarda solo la totale chiusura nei confronti del condono. Se alla pubblica amministrazione è permesso di cambiare la destinazione d'uso e forse anche altro, aggiustando l'immobile alle necessità del momento, perché la stessa possibilità non è offerta anche al privato cittadino, il quale potrebbe trasformare un capannone industriale in abitazione e viceversa previo pagamento di una certa cifra? Perché in poche parole fa così paura il condono? Nonostante sia un reato penale, l'abusivismo in certe regioni del Sud è vivo e vegeto e allora se le cose stanno in tal modo non converrebbe trovare un accomodamento, cioè una formula per regolarizzare la cosa? Non alludiamo ovviamente alle grandi speculazioni edilizie, ma a quei piccoli aggiustamenti come il cambio di destinazione d'uso o la trasformazione di una finestra in una porta che non fanno male a nessuno.  Se il governo Letta introducesse una norma per regolarizzare le piccole violazioni al regolamento urbano, lo Stato e i Comuni ci guadagnerebbero, riuscendo a far quadrare i conti senza aumentare le tasse o le accise sulla benzina. Tuttavia anche il cittadino avrebbe un beneficio, perché metterebbe in regola ciò che in regola non è. Tutti contenti? Sì. È per questo motivo che faranno niente. Perché se si può fare e non fa male a nessuno in questo Paese  non si fa.   di Maurizio Belpietro Twitter @BelpietroTweet  

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