Cerca
Cerca
+

Jihad, Is: le decapitazioni come efficace arma di propaganda

Francesco Rigoni
  • a
  • a
  • a

Gli islamisti dello Stato Islamico (Isis) di Abu Bakr al-Baghdadi fanno proseliti soprattutto grazie alle barbarie. Può sembrare un paradosso, ma gli esperti occidentali non hanno dubbi. Aaron Zelin - esperto di gruppi jihadisti del Washington Institute - afferma che "le decapitazioni giovano ai terroristi che le praticano". Secondo un recente rapporto dell'intelligence britannica le decapitazioni provocano un "effetto sul reclutamento dei volontari stranieri". Effetto choc - Timothy Furnish, islamista dell'Università della Georgia, parla di "effetto choc" per descrivere "ciò che i terroristi cercano sin dagli anni Settanta ed Ottanta", sottolineando che "iniziarono con il dirottamento degli aerei, per poi continuare con gli attacchi kamikaze fino ad arrivare, oggi, alle decapitazioni, riuscendo così a "massimizzare lo choc fra i nemici e il sostegno nelle regioni dove si trovano ad operare". Shashank Joshi del Royal United Services Institute di Londra concorda: "La natura grafica della decapitazione, con il focus sull'individuo, ha un impatto dissacrante e violento assai più agghiacciante di un'autobomba". E' scritto nel Corano - Furnish spiega la particolarità delle decapitazioni rispetto ai precedenti "effetti choc": "Si richiamano alle origini dell'Islam perché nella Sura 47 del Corano è scritto 'quando incontri gli infedeli colpisci i loro colli' e nella Sura 8:12 si legge 'colpirò nel cuore degli infedeli, levagli le teste e le punte delle dita'. Ritorno al passato - Fred Donner, storico dell'Islam all'università di Chicago, aggiunge che "è su queste basi che nell'Impero Ottomano le esecuzioni erano molto frequenti, così come ancor oggi l'Arabia Saudita pratica la decapitazione per le esecuzioni capitali, rifacendosi alla Sharia". In particolare, nel caso di al-Baghdadi, il richiamo alle origini dell'Islam ha un valore considerevole perché "scegliendo per sé il titolo di Califfo si è autoindicato come successore di Maometto", lasciando intendere di voler combattere come si usava allora. Impossibili le trattative - Aaron Zelin riassume il concetto dicendo che la conseguenza diretta per gli Stati degli ostaggi sarà "l'impossibiltà di trattare": lo Stato islamico non appare interessato a tali esiti, obbligando gli Stati a esplorare "un terreno sconosciuto".

Dai blog