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Attentati, i Paesi più sicuri? Sono quelli senza islamici

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Matteo Legnani
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L' attentato di Manhattan conferma ciò che già sappiamo del terrorismo jihadista che colpisce l' Occidente. Sayfullo Saipov era da alcuni anni negli Usa, non aveva combattuto sotto le bandiere del Califfato e di al-Qaeda né, come molti altri attentatori prima di lui, si era fatto notare come jihadista pur frequentando ambienti estremisti. Ha colpito a Manhattan dopo aver attentamente pianificato (forse non da solo) l'attacco, rispettando le regole dettate da Mohamed al-Adnani, capo della propaganda dell' IS ucciso l' anno scorso da un missile americano, che esortano gli adepti inesperti nell'uso di armi ed esplosivi a colpire gli infedeli a casa loro usando coltelli e veicoli. Saipov è uno dei tantissimi terroristi «fai da te» che provengono dai foltissimi ranghi dei fans del jihadismo presenti in tutto l' Occidente. Quanti ce ne sono potenzialmente come lui? Questa è la domanda che dovremmo porci e la risposta, almeno stando alle inchieste effettuate tra i musulmani in Europa, non è certo confortante. Nel settembre scorso il sondaggio effettuato in Italia da IPR Marketing per il Quotidiano Nazionale ha rivelato che il 28% dei musulmani intervistati condivide le ragioni dei terroristi e il 33% ritiene che l' Islam debba conquistare l' Occidente. In Gran Bretagna un sondaggio ICM evidenziò l' anno scorso che il 4% dei musulmani condivide le gesta dei terroristi suicidi, il 32% giustifica le violenze contro chi «offende Maometto» e solo il 34% denuncerebbe un terrorista. In Francia un'inchiesta dell' Istituto Montaigne ha rivelato che la metà dei musulmani francesi fra i 15 e i 25 anni vorrebbe l' imposizione della sharia mentre altre inchieste hanno evidenziato che il 28% è pronto a contrapporsi allo Stato francese nel nome della sharia. Quanti di questi potrebbero impugnare armi o semplicemente il volante dell' automobile o di un camion noleggiato? Simili percentuali indicano il diffuso odio nei nostri confronti, dovrebbero preoccupare anche gli "islamici moderati" e dimostrano come ogni possibilità di prevenzione affidata a intelligence e forze di polizia sia vana perché la minaccia è legata direttamente alla presenza islamica nella società non al numero di miliziani e terroristi conclamati. Il maggior numero di attentati avviene infatti dove più consistente è la presenza musulmana. Non a caso tra gli Stati della Ue rimasti finora immuni al terrorismo jihadista vi sono quelli del tanto vituperato Gruppo di Visegrad, quasi del tutto privi di comunità musulmane e quindi anche di consistenti frange di estremisti. Stati i cui governi rifiutano esplicitamente di accogliere immigrati illegali e musulmani per non compromettere la loro identità culturale ed evitare rischi di ospitare estremisti e terroristi. Concetti espressi in diverse occasioni dai leader polacchi, slovacchi e cechi e non certo attribuibili alle "destre populiste" poiché in Slovacchia governano i socialdemocratici, come in Repubblica Ceca fino a due settimane or sono. «Penso che sia un nostro diritto decidere di non volere un elevato numero di musulmani nel nostro Paese», ha detto nel marzo scorso il presidente ungherese Viktor Orban mentre la premier polacca Beata Szyd ha definito immigrazione e terrorismo «un attacco all' Europa, alla nostra cultura, alle nostre tradizioni». Il ministro degli esteri del governo uscente ceco, Lubomír Zaorálek, ha sottolineato che i Paesi dell' Europa centrale e orientale non vogliono "ripetere l' errore commesso dai Paesi occidentali". A Bratislava il premier Robert Fico ha affermato senza mezzi termini di non voler vedere «una comunità musulmana in Slovacchia. Non voglio che ci siano diverse decine di migliaia di musulmani che promuovono la loro ideologia. Non vogliamo cambiare le tradizioni di questo Paese, che sono costruite sulla tradizione cristiana». Dichiarazioni che fanno inorridire i fans del politicamente corretto e le élite di governo di un' Europa Occidentale molto critica verso i partner mitteleuropei ai quali però non sembra in grado di proporre modelli di integrazione e convivenza con l' islam convincenti sul piano sociale e della sicurezza. di Gianandrea Gajani

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