Finisce l'era Mugabe
Harare, 19 nov. (AdnKronos/Dpa) - A 93 anni Robert Mugabe è il più anziano e longevo capo di Stato del mondo in carica e l'unico leader che lo Zimbabwe abbia conosciuto dall'indipendenza nel 1980. Eroe della lotta contro il regime bianco segregazionista di Ian Smith succeduto al colonialismo britannico, Mugabe si è progressivamente trasformato in un tiranno che ha trascinato il suo Paese nel baratro di una catastrofica crisi economica e nell'isolamento internazionale. Stati Uniti ed Unione Europea lo considerano persona non grata. Nato il 21 febbraio 1924, Mugabe è stato educato dai gesuiti, ha studiato in varie università africane ed ha insegnato in un liceo del Ghana, dove conobbe la prima moglie Sally Hafron. Nel 1960 ritornò in quella che allora era la Rhodesia coloniale, diventando uno dei protagonisti della lotta per l'indipendenza e i diritti della maggioranza nera. Condannato nel 1964 a dieci anni di carcere, fu poi rilasciato e riparò in Mozambico dove diventò il capo dell'ala paramilitare del partito Zanu (Unione del Popolo Africano dello Zimbabwe) e poi capo dell'intera formazione politica. Nel 1980, Mugabe vinse le prime elezioni dopo la fine del regime bianco di Smith e diventò primo ministro. Da allora ha sempre guidato il paese, di cui è diventato presidente nel 1987. Fra i suoi successi vi è la creazione d un sistema d'istruzione che ha ridotto l'analfabetismo al 10%, ma il suo governo sempre più dittatoriale e corrotto ha progressivamente portato il paese, ricco di risorse minerarie, alla rovina economica. A distruggere l'economia hanno contributo il costoso intervento nella guerra civile nella Repubblica democratica del Congo (1998-2002) e la disastrosa riforma agraria varata nel 2000. Quell'anno, Mugabe fu sconfitto nel referendum sulla nuova costituzione da lui voluta, grazie all'azione di un nuovo partito d'opposizione guidato da Morgan Tsvangirai. Il presidente dello Zimbabwe reagì intensificando la persecuzione degli avversari politici, tramite la sua milizia di veterani della guerra di liberazione, e perseguendo l'esproprio delle piantagioni dei 4mila farmer bianchi rimasti nel paese, che detenevano il 70% delle terre migliori. Ma l'esproprio non è andato a beneficio dei contadini poveri come promesso, quanto ai membri del partito Zanu, spesso incapaci di portare avanti una fattoria. E la produzione agricola che un tempo era la principale risorsa del paese è precipitata ai minimi storici, complici una serie di annate di siccità. Fra il 2008 e il 2009, mentre la zecca continuava a stampare nuova moneta, il paese è precipitato in una spirale di iper inflazione con il pane che costava milioni di dollari dello Zimbabwe. La crisi è stata tamponata usando il dollaro americano come valuta. Ma il paese non si è mai risollevato e in tanti sono emigrati nei paesi vicini. Il tasso di disoccupazione è attorno al 90%, l'80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La speranza di vita, a causa anche della diffusa piaga dell'Aids, è di 54 anni per gli uomini e 53 per le donne. Isolato in Occidente, dove può recarsi solo in Vaticano e nelle sedi dell'Onu, Mugabe è stato tuttavia presidente dell'Unione Africana nel 2015. Di recente, l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) è stata costretta da una valanga di critiche e proteste a ritirare la sua nomina ad ambasciatore di buona volontà. Sempre più paranoico, Mugabe addebita la crisi ad un complotto dell'occidente e considera i suoi critici, all'interno come all'esterno del suo partito Zanu, come "sabotatori e traditori". Negli ultimi anni le sue lussuose feste di compleanno, con migliaia di invitati e portate a base di animali in via di estinzione, dove non mancano trofei di leoni uccisi, hanno fatto scandalo in un paese al limite del sussistenza. E hanno contribuito ad alimentare l'antipatia per la seconda moglie Grace, di 41 anni più giovane, che Mugabe voleva come suo successore.