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La nube radioattiva che ha contaminato l'Europa: ecco le prove dell'ultimo disastro nucleare russo

Cristina Agostini
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All'epoca si parlò di una misteriosa nube radioattiva contenente rutenio-106 che aveva sorvolato l'Europa ma di cui non si conosceva la provenienza. Si trattava del più grande rilascio accidentale di materiale radioattivo da Fukushima (2011) in poi, anche se gli esperti esclusero subito che potesse costituire una minaccia seria per l'uomo e la natura. Era il settembre del 2017, la cosa finì lì ma il mistero rimase, anche perché la cosa più preoccupante era che nessuna autorità avesse denunciato incidenti che avrebbero potuto avere effetti ben più seri. Un team di esperti dell'Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn) in Francia, con i quali hanno collaborato anche l'Arpa di Lombardia e Friuli, ha stabilito ieri con una certa precisione che la minacciosa nube non sarebbe dovuta a un incidente a un reattore nucleare, bensì a un impianto di riciclo (riprocessamento), e che la fuga dovesse provenire dalla Russia, più precisamente da una zona meridionale degli Urali. Già nel 2017 si sospettò, basandosi sui modelli meteorologici, che la zona più plausibile del rilascio dovesse trovarsi tra gli Urali e il fiume Volga, ovvero in Russia o in Kazakistan. Sempre l' Irsn aveva ipotizzato che la quantità di rutenio 106 rilasciata alla fonte era «importante», tra i 100 e i 300 teraBecquerels, un livello tale che, se un incidente di tale grandezza fosse successo in Francia, «si sarebbe richiesta l' evacuazione in un raggio di diversi chilometri intorno al luogo dell' incidente». Leggi anche: "Il sottomarino in fiamme è a propulsione nucleare". Allarme atomico in mare: 14 militari rimasti uccisi In Europa occidentale però tale concentrazione radioattiva arrivò notevolmente attenuata, tanto che non fu ritenuto necessario prendere alcuna precauzione. Da subito si escluse in ogni caso che la nube fosse dovuta a un incidente che avesse coinvolto un reattore nucleare e oggi si è confermato che la causa è da cercare in un impianto di riprocessamento, probabilmente a Majak, vicino a Ozërsk, dove sorge un impianto per la produzione di materiale nucleare tristemente noto per un grave (questo sì) incidente verificatosi nel 1957. Il direttore per la salute dell' Irsn, Jean-Christophe Gariel, disse subito che il fatto che si fosse rilevato solo il rutenio 106 e non altri prodotti di fissione, come il cesio, escludeva a priori un guasto serio a una centrale. LE IPOTESI - Tra le varie ipotesi si formulò anche la possibilità che vi fosse implicato qualche importante centro di medicina nucleare, o la caduta di un satellite artificiale in orbita intorno alla Terra. Almeno la seconda ipotesi però fu subito scartata in quanto l' Agenzia spaziale europea assicurò che nessun satellite contenente rutenio fosse caduto sulla Terra in quel periodo. L' agenzia atomica pubblica russa Rosatom ha confermato che non è stato riportato nessun incidente o evento di rilievo presso i suoi impianti, e che invece la presenza temporanea e massiccia di rutenio nell' atmosfera potesse essere dovuta proprio alla combustione di una batteria a radionuclidi di un satellite durante il rientro in atmosfera. Lo studio dell'Irsn ha dunque confermato che la nube del settembre 2017 non ha rappresentato una minaccia per la salute, ma che invece sulle cause si possono solo avanzare delle ipotesi. di Carlo Nicolato

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