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Angela Merkel, gli affari con la Russia di Putin: gas, come fa i soldi Berlino. Altro che Lega e Savoini

Davide Locano
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Il governo tedesco e gli amici della Germania che accusano Matteo Salvini di essere un traditore della Ue in combutta con Vladimir Putin, un infiltrato di Mosca pronto a barattare l' ideale europeo per una fornitura di idrocarburi, fingono di non vedere la grande partita che si sta giocando tra Europa e Russia. Nella quale il vero alleato del presidente russo e della "sua" Gazprom è proprio il governo di Angela Merkel da cui proviene Ursula von der Leyen, nuovo presidente della Commissione e sino a pochi giorni fa ministro della Difesa. Fianco a fianco, i lobbisti di Putin, la squadra capitanata dalla cancelliera e i loro soci stanno lottando per portare a termine l' operazione North Stream 2, che una volta completata (non manca molto, siamo al 60%) renderà l' Europa maggiormente dipendente dal gas russo, stringendola ancora di più al laccio del Cremlino. Il presidente statunitense Donald Trump invece è preoccupato e ha buoni motivi per esserlo. Vista la merce trattata, il problema vero non è economico o ambientale, ma strategico: chi controlla i flussi di energia ha un immenso potere di ricatto politico sull' acquirente, e il ragionamento per cui i russi hanno bisogno dei soldi europei e dunque non faranno scherzi vale fin quando la tensione non si alza: ipotesi tutt' altro che improbabile, a maggior ragione adesso che Putin e Trump sono liberi dal trattato sui missili nucleari siglato nel 1986 da Michail Gorbaciov e Ronald Reagan. Leggi anche: Carlo Nordio: "Intercettazioni-Russia, zero contro Salvini" Già oggi, i Paesi Ue comprano dalla Russia il 40% del gas importato, il che ne fa il principale fornitore del continente. Con North Stream 2 la dose aumenterà di molto. Il nuovo gasdotto, che con i suoi 1.200 chilometri sarà la più lunga conduttura offshore del mondo, collegherà le coste russe del Baltico con il terminale di Greifswald, in Germania, e raddoppierà la capacità del suo fratello anziano North Stream, aggiungendo 55 miliardi di metri cubi di metano l' anno: quanti ne bastano, rassicura la casa madre Gazprom, per 26 milioni di famiglie. Un altro 13% di fabbisogno di gas europeo appaltato a Mosca, avvertono gli analisti del sito Radio Free Europe, vicino al dipartimento di Stato americano. BUSINESS CHE FA GOLA Anche se azionista del progetto è la sola Gazprom, braccio economico di Putin, in quest' opera ciclopica e nel business che inizierà una volta aperto il rubinetto sono coinvolte diverse società europee, primi tra tutti i colossi tedeschi del settore energetico, come Basf/Wintershall ed Uniper, assieme alla francese Engie, all' anglo-olandese Shell e all' austriaca Omv. Quanto all'Italia, ha avuto un ruolo limitato con la Saipem nella posa dei tubi sul fondo marino, ma la cosa più importante è quella che disse l' amministratore delegato dell' Eni, Claudio Descalzi, quando il progetto partì: è un gasdotto «fatto davvero per il nord Europa», che alzerà il prezzo del gas russo in Italia e negli altri Paesi a sud del continente, a causa dei maggiori costi di trasporto. Trump, supportato da una parte del congresso di Washington, spinge per introdurre sanzioni ai danni delle compagnie europee che collaborano con Gazprom. Pure lui pensa ai soldi, oltre che alla politica: grazie alle nuove tecniche di estrazione gli Stati Uniti dispongono di gas in abbondanza e sono pronti a trasportarlo in forma liquida, via nave, sino in Europa, e promettono di venderlo a prezzo scontato. Soluzione che non piace ai tedeschi, i quali preferiscono il tubo russo, anche perché consolida la posizione della Germania come hub europeo del gas naturale e consente alle loro imprese di partecipare alla spartizione della torta. IL FRONTE DI TRUMP In favore della linea dura di Trump sono schierati i governi di Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia e Lituania e, un passo oltre i confini della Ue, quello dell' Ucraina: tutti temono un allargamento ai loro danni della sfera d' influenza russa, se non di finire schiacciati da una sorta di patto Molotov-Ribbentrop dell' energia. A Bruxelles, intanto, si balbetta. Dentro la commissione si dicono contrari al progetto, ma di sanzionare gruppi come Basf e andare contro il governo tedesco, soprattutto ora che la von der Leyen ha preso possesso della poltrona più importante, non se ne parla. «Questo è esattamente ciò che non dovremmo fare come Unione europea. Dovremmo parlare con una sola voce» ha detto Klaus-Dieter Borchardt, vicedirettore generale (tedesco) del dipartimento per l' Energia della Commissione, commentando con la rivista Politico l' ennesima spaccatura. Perché, come sempre capita, quando il gioco si fa duro l' Unione smette di esistere e ognuno pensa per sé. A cominciare dagli europeisti a parole, che al mattino imputano ai "sovranisti" legami inconfessabili con Putin e la sera corrono a Mosca per firmare contratti. di Fausto Carioti

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