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Is, raid Usa in Siria, Barack Obama: "Non è una guerra solo nostra"

di Francesco Rigoni domenica 28 settembre 2014

3' di lettura

Gli Stati Uniti sono passati all'azione: aerei da combattimento, bombardieri e missili Tomahawk sono stati lanciati dalle navi che incrociano nella regione e hanno colpito nel corso della notte obiettivi nel nord della Siria. ''Non è una guerra che riguarda solo l'America'', ha detto il presidente Usa Barack Obama commentando l'inizio dei raid in Siria condotti insieme ad alcuni Paesi arabi. "Abbiamo sventato un complotto di al Qaida in Siria contro gli Stati Uniti e i nostri alleati". Gli attacchi aerei - ha detto - sono stati condotti per eliminare le potenziali minacce terroristiche e non esiteremo a farlo ancora in futuro". Le indicazioni iniziali sono che i raid di ieri sera in Siria hanno avuto ''successo''. Lo afferma il portavoce del Pentagono, John Kirby, sottolineando peraltro che i raid Usa di ieri sono ''solo l'inizio''. Nessun permesso - "Gli Usa non hanno in nessun modo informato la Siria sui raid aerei e non hanno chiesto in alcun modo il permesso per gli attacchi": così la portavoce del Dipartimento di Stato americano, Jennifer Psaki. I raid Usa contro le postazioni jihadiste sono stati avviati per prevenire "un imminente attacco contro gli Usa e gli interessi occidentali" pianificato da veterani di al Qaida, altresì conosciuti come il gruppo 'Khorasan'. Lo riferisce il comando centrale americano (Centcom) citato dalla Bbc. Critiche di Mosca e Teheran - Russia e Iran, vicine ad Assad, hanno criticato le azioni statunitensi. Mosca ha accusato Washington di puntare ad obiettivi geopolitici, senza preoccuparsi di violare la sovranità degli altri Stati e di destabilizzare la situazione, già di per sé tesa. Critiche sono arrivate anche da Teheran, con il presidente Hassan Rouhani che ha definito i raid "illegali, perché non autorizzati dalle Nazioni Unite e non effettuati su richiesta della Siria". La Siria sostiene ogni sforzo internazionale per combattere il terrorismo: lo ha detto il presidente siriano Bashar al Assad citato dalla tv di Stato siriana. Paesi arabi con gli Usa - Fonti della difesa Usa hanno affermato che le "nazioni partner" che partecipano "in pieno" sono gli Emirati Arabi Uniti, la Giordania, il Bahrein, il Qatar e l'Arabia Saudita. Significativa la partecipazione dei sauditi, se si considera che sostengono più o meno apertamente gruppi salafiti e jihadisti, schierati contro il regime di Bashar al Assad. Alla coalizione si aggiungerà presto la Gran Bretagna. Il governo britannico è infatti pronto a compiere raid aerei in Iraq contro i jihadisti dell'Isis. E' quanto rivela il Daily Telegraph, che cita fonti all'interno del ministero della Difesa. Secondo il giornale, il premier David Cameron dovrebbe annunciare la partecipazione britannica nel corso della Assemblea generale dell'Onu a New York. Fonti del partito conservatore affermano inoltre che il premier convocherà il Parlamento questa settimana per approvare l'intervento militare. E la Turchia? - Se il quadro dei Paesi arabi sembra farsi più chiaro, ancora incerta è invece la situazione della Turchia. Finora Ankara si è rifiutata di fornire assistenza attiva agli Stati Uniti, negando le basi vicino al confine con Siria e Iraq e limitandosi ad assicurare assistenza sotto il profilo umanitario. Una presa di posizione, quella di Ankara, dietro alla quale ci sono precise ragioni di "realpolitik".

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