Della politica di Angela Merkel in poco più di tre anni non è rimasto quasi nulla. L’energia a basso costo dalla Russia, il sacro tetto al debito tedesco, il basso profilo militare, la politica migratoria, solo per citarne alcune, tutto sparito o rivisto. Ora tocca al nucleare, la cui decisione di farne meno Angela l’ha in realtà subita - furono Schröder e i Verdi a fare il primo passo ma pur prorogando di dieci anni la chiusura degli ultimi reattore l’ha fatta ideologicamente sua e nel 2011 disse «prima ne usciamo e meglio è».
Il cancelliere anti-Merkel Merz è sempre stato chiaro sul punto, abbandonare il nucleare «è un errore strategico che pagheremo caro», disse in tempi non sospetti, cioè prima della crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina. Ma una volta vinte le elezioni aveva anche detto che riaprire i reattori chiusi due anni prima sarebbe stato impossibile. Meglio puntare al nucleare di quarta e quinta generazione, ai reattori modulari e alle centrali a fusione.
E soprattutto meglio abbattere quel muro ideologico sinistrorso che in Germania, e non solo, considera l’energia che arriva dall’atomo non green e pericolosa. Nel 2024 una commissione parlamentare istituita dalla CDU aveva indagato sulle accuse secondo cui il ministro dell’Economia Robert Habeck, membro del partito dei Verdi, avrebbe portato avanti la chiusura definitiva basandosi su un’«ideologia» verde e senza tener conto della sicurezza energetica del Paese.
LEGGE EUROPEA
Ma non basta. Secondo il Financial Times, Berlino avrebbe fatto sapere alla Francia che non ostacolerà più gli sforzi francesi volti a garantire che l’energia nucleare venga considerata alla pari delle energie rinnovabili nella legislazione UE. È un grande passo in avanti e non solo verso il nucleare, ma anche di normalizzazione dei rapporti con Parigi su un tema motivo di costanti controversie. La Francia al contrario della Germania non ha mai messo in dubbio la sua schiera di reattori che a oggi sono ben 56 e questo rappresenta un vantaggio competitivo nei confronti di Paesi che invece per motivi ideologici non ne hanno più in funzione. Tra questi, purtroppo, c’è anche l’Italia. Lo scorso anno la Francia ha ricavato il 70% della sua energia dalle sue centrali atomiche, e la Germania che si arrabatta malamente tra fonti rinnovabili e tradizionali si è sempre rifiutata di etichettare tale energia come «verde». Ma con Merz le cose cambieranno. In un editoriale congiunto apparso su Le Figaro a inizio maggio Merz e Macron avevano già annunciato il riallineamento della politica energetica tedesca e francese che si baserà su «neutralità climatica, competitività e sovranità». In quell’articolo, pur non menzionando mai l’energia nucleare, si era parlato del principio di neutralità tecnologica collegandola alla «garanzia di un trattamento non discriminatorio di tutte le energie a basse emissioni di carbonio all'interno dell’Unione Europea».
L’apertura di Merz al nucleare peraltro non riguarda solo quello per uso civile, ma anche quello militare. Qualche settimana fa il Cancelliere ha affermato che «considerate le minacce alla nostra libertà e alla pace nel nostro continente», il nuovo motto del governo deve essere «a qualsiasi costo». E questo costo include ancora una volta la collaborazione con Parigi, e in questo caso anche la Gran Bretagna. In pratica Merz ha parlato di «ombrello nucleare» europeo, di condivisioni di armi nucleari in un progetto che non deve essere in competizione con gli Stati Uniti, bensì «complementare». «La mutata situazione globale della sicurezza spinge gli europei a discuterne» disse.
LE V2 DI FRIEDRICH
In un’intervista al Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung non ha nemmeno escluso la possibilità che un giorno la Germania si doti di armi atomiche, sostenendo tuttavia che «oggi non ce n'è bisogno». Il Wall Street Journal ha aggiunto che sebbene l’adesione al Trattato di non proliferazione vieti alla Germania di sviluppare armi nucleari, certamente le possibilità pratiche non le mancano, possedendo ampiamente le capacità tecnologiche necessarie e perfino una piccola riserva di uranio di grado bellico, da utilizzare in un reattore nucleare di ricerca civile, gestito dal Politecnico di Monaco.