La Germania è un'illusione. Parola di tedeschi

di Nicoletta Orlandi Postidomenica 28 settembre 2014
La Germania è un'illusione. Parola di tedeschi
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Indovinate un po’ di quale Paese stiamo parlando, attacca davanti al pubblico che affolla le sue conferenze Marcel Fratzscher, l’economista che dirige il German Institute for Economic Research. È una nazione che, nell’Eurozona, cresce meno della media degli altri. La sua produttività sale a tassi più modesti degli altri. E dove due lavoratori su tre guadagnano meno che all’inizio del millennio. Il pubblico, a questo punto, si divide: chi vota Portogallo, chi Grecia, molti votano Italia. Sono a quel punto, racconta lo Spiegel, herr Fratzscher rivela la risposta giusta: signori, quel Paese è la Germania. La tesi è al centro di un libro dal titolo che è un programma: «L’illusione tedesca», ovvero analisi delle debolezze di un gigante che campa grazie alle riserve accumulate in passato, ma che trascura il proprio futuro. Un libro, che sarà presentato domani dal ministro socialdemocratico dell’economia Sigmar Gabriel, che arriva al momento giusto. Ieri, per il quinto mese di fila ha chiuso in calo l’indice Ifo che segnala la fiducia delle imprese. Ad agosto era già sceso a quota 106,3. Ieri nuovo scivolone: 104,7 punti. Il giorno prima era stata la volta del Pmi, che misura la propensione delle imprese ad investire. Certo, il ministero delle Finanze sbandiera con orgoglio il calo del debito. Ma dietro le economie di bilancio c’è la caduta degli investimenti tra il 1999 e il 2012, la più forte di tutta Europa. Se si guardano solo gli anni tra il 2010 e il 2012 il divario è del 3,7%, ancora più grande. Solo per mantenere un livello accettabile di crescita, il governo e le imprese dovrebbero spendere 103 miliardi di euro in più ogni anno rispetto a quanto stanno facendo oggi. Intanto, frenano anche gli investimenti delle aziende private. Almeno in patria. La proporzione di investimenti domestici è caduta da poco meno del 21 per cento nel 2000 al 17 per cento nel 2013. Le multinazionali tedesche però bruciano i tempi per investire il più in fretta possibile nell’area dollaro. Siemens, uno dei simboli della Germania industriale, non solo ha investito quasi 6 miliardi di euro per la texana Dressler, ma ha spostato il quartier generale dell’energia a Houston. Basf, il colosso della chimica, ha annunciato investimenti per oltre un miliardo negli States. Il motivo? Semplice, l’energia ormai costa meno della metà negli Usa rispetto alla Germania, che comincia a pagare un pesante prezzo per l’abbandono del nucleare e il pesante sostegno all’energia verde. La cancelliera è consapevole, probabilmente, che la congiuntura europea è drammatica. Ma la destra del suo partito, il cosiddetto circolo di Berlino, terrorizzata per la crescita del partito anti euiro, l’Afd, spinge per la linea dell'intransigenza contro Mario Draghi che ieri ha ribadito che per l’Europa la disoccupazione resta il problema numero uno. L’opposto di quel che chiedono gli industriali: se non si costruiscono nuove strade e altre infrastrutture, l’illusione tedesca farà una brutta fine. di UGO BERTONE

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