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Federico Rampini, Occidente condannato: "Siamo finiti nelle mani di Vladimir Putin, perché il suo è un trionfo"

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Le tensioni attorno all'Ucraina alla fine non porteranno da nessuna parte. Nessuna guerra all'orizzonte: ne è convinto Federico Rampini che, in un'intervista al Giornale, ha spiegato che a Joe Biden non conviene affatto iniziare un conflitto contro la Russia. Anche perché il presidente Usa ha già non pochi problemi all'interno del suo Paese: "L’inflazione, lo stallo nell’agenda delle riforme, le divisioni paralizzanti in seno al partito democratico, gli eccessi del politically correct nell’ala radicale". Il giornalista del Corriere della Sera ha spiegato, poi, che anche alla Russia non conviene iniziare uno scontro di quella portata con gli Usa: "Putin preferisce vincere senza combattere, certo. Una guerra vera ha tante incognite anche per lui. Nonostante l’inferiorità militare ucraina, non sarebbe una tranquilla passeggiata fino all’occupazione di Kiev. Poi ci sono le conseguenze diplomatiche ed economiche”. 

 

 

 

Non aiuta l'immobilismo dell'Unione europea. Di fronte all'ipotesi di una difesa comune europea, Rampini non può che mostrarsi scettico. Il problema dell'Ue, secondo il giornalista, è il rapporto instaurato con la Russia: "L’energia è il nostro tallone d’Achille. Ci siamo privati della nostra autonomia strategica verso Mosca consegnandoci alla dipendenza al gas russo”. Quando gli viene chiesto se magari con Romano Prodi sarebbe stata migliore la gestione della situazione, Rampini risponde: "Sotto il Prodi presidente della Commissione europea ebbe inizio quell’allargamento a Est dell’Unione, che oggi Putin mette sotto accusa e vuole congelare”.

 

 

 

Il rischio adesso è che la Russia si sposti sempre più verso Pechino: "La Cina sta già guadagnando. Putin è andato a omaggiare Xi Jinping alle Olimpiadi di Pechino e ha firmato un comunicato congiunto che per il 90% riprende le posizioni della diplomazia cinese. Se la Russia finirà sotto nuove sanzioni economiche occidentali, questo la costringerà a “s-dollarizzarsi” ancor più, spostandosi verso quel sistema economico-finanziario alternativo che ha il centro a Pechino".

 

 

 

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