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La Russia riconosce Taiwan, provocazione alla Cina: Vladimir Putin fuori controllo, dove vuole arrivare

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Antonio Rapisarda
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La grana "Taiwan", dove si confrontano aspramente Cina e Stati Uniti, potrebbe entrare a gamba tesa nell'intricato telaio del conflitto russo-ucraino. Tutta colpa... della Federazione russa. Proprio così. Nella lista nera del Cremlino riguardante Stati e territori stranieri responsabili di «azioni ostili contro la Russia» c'è un dettaglio tutt' altro che invisibile agli occhi degli attori e degli osservatori internazionali: l'elenco include - oltre l'Ucraina, i Paesi dell'Ue, gli Usa e la Gran Bretagna - pure le piccole realtà che hanno concordato sulle sanzioni contro l'autocrazia di Putin. Fra queste vi è pure Taiwan. Un elemento che un analista di geopolitica attento come Germano Dottori ha definito un «segnale», ad integrazione di un sagace commento di un collega francese secondo cui - in questo modo - «le autorità russe hanno appena riconosciuto ufficialmente l'esistenza di due "Cina"». Mentre «gli amici di Pechino (così viene letta l'intesa sino-russa, ndr) apprezzeranno davvero questa mossa diplomatica».

 

 

 

Una gaffe (a questi livelli)? O un «segnale» appunto? Si sa, infatti, che la questione ucraina - con le pretese russe sul Donbass e sul resto dei territori russofoni dell'Ucraina - viene guardata con un occhio sempre attento a Taiwan: ossia alla questione della sovranità dell'isola, che Pechino al contrario rivendica come parte integrante del proprio territorio. Il fatto che la Russia abbia messo nero su bianco l'esistenza "autonoma" di Taiwan è un ulteriore elemento di complessità in una scacchiera in cui gli schieramenti non sono così sedimentati come sostiene la vulgata. Certo è fuori discussione, come è stato ribadito ieri dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che il legame strategico fra Pechino e Mosca è «solido come una roccia». Ma è altrettanto chiaro il ruolo che la Cina intende ricoprire è quello del grande mediatore del conflitto in Ucraina. Proprio così: se da una parte il governo di Xi Jinping non ha condannato l'invasione russa, dall'altro non ha nascosto l'irritazione per l'esplosione di un conflitto che ha ridestato il ruolo della Nato e le attenzioni internazionali verso Taiwan. Sarebbe da leggere con questa lente l'astensione della Cina all'Assemblea generale dell'Onu nel voto sulla risoluzione di condanna dell'invasione dell'Ucraina. Una scelta "defilata" del gigante orientale che non ha votato contro la Russia, ovviamente, ma che ha scelto di non allinearsi nemmeno con gli alleati immarcescibili di Putin: ossia Bielorussia, Corea del Nord, Siria ed Eritrea. Che sia giunta allora una risposta indiretta dello zar russo al "gelo" della Cina?

 

 

 

Intanto sulla questione di Taiwan ogni sovrapposizione è stata respinta con fermezza dal regime cinese: «Sono questioni differenti in natura e non paragonabili», ha tagliato corto Wang definendo l'isola come «una questione interna». Detto ancora più chiaramente: per l'isola cercare l'indipendenza con l'aiuto straniero è una strada «senza via d'uscita». Da Taipei, invece, il ministro degli Esteri dell'isola, Joseph Wu, ha affermato che Taiwan si sente «incoraggiata» dall'esempio della resistenza di Kiev all'autoritarismo di Mosca. Lo stesso governo, quest'ultimo, che ieri gli ha fornito un inaspettato assist. 

 

 

 

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