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Yang Jiechi, la "tigre" cinese che ha in mano i destini del mondo: chi è quest'uomo, i legami con la famiglia Bush

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Ha un nome e un cognome l'uomo che il presidente cinese Xi Jinping ha designato per tracciare le linee della sua politica estera. Si tratta di Yang Jiechi, soprannominato "la tigre" da George Bush senior. Oggi come oggi, con la guerra in Ucraina in corso, il suo è un ruolo cruciale. E non è un dettaglio da poco che Jiechi vedrà a breve Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense. Direttore dell'Ufficio della commissione centrale degli affari esteri e membro del Politburo, già ministro e ambasciatore a Washington, la "tigre" ha un legame con l'America che risale agli anni '70. Il suo atteggiamento, spesso molto duro, non gli ha comunque impedito di interagire con gli Usa. Non a caso lo scorso ottobre Yang e Sullivan si chiusero per sei ore in un hotel in Svizzera: un incontro che mise le basi per la videochiamata tra Xi e Joe Biden il mese successivo. 

 

 

La speranza è che proprio la "tigre" possa mediare e costringere Pechino a prendere una posizione sull'invasione russa. Fino a questo momento Xi ha cercato di stare il più alla larga possibile dalla polemica, ma il suo sostegno a Vladimir Putin non è un mistero. Lo crede anche Shi Yinhong, professore di Relazioni internazionali all'Università Renmin di Pechino: "L'amministrazione Biden ha avvertito la Cina che qualsiasi assistenza economica sostanziale per ridurre le enormi difficoltà della Russia dovute alle sanzioni non sarà tollerata". Raggiunto da Repubblica Yinhong è convinto che la Cina abbia sì espresso riserve limitate, anche se crescenti, sul comportamento della Russia, ma continua a sostenere la sua partnership strategica con Putin e si oppone alle sanzioni". Insomma, "sia Yang che Sullivan avranno le mani legate, per ora".

 

 

Il vero obiettivo della Cina per Yun Sun, direttrice del China Programme allo Stimson Center, è "un atto di bilanciamento". Più nel dettaglio, "se l'Ucraina risulta essere un'opportunità per la Cina per far leva sugli Usa e forzarli ad una certa cooperazione, Pechino ci salterà su. Questo non significa che la Cina abbandonerà la Russia. Ma significa che se gli Usa sono disposti a ricambiare alcune richieste cinesi, l'interesse di Pechino nel mettere più pressione su Mosca aumenterà. La Cina potrebbe offrire sostegno in tal senso, ma aspetterà dei segnali chiari in cambio di un qualche tipo di reciprocità". Per questo il faccia a faccia tra Jiechi e Sullivan potrebbe non portare a nulla: l'intenzione cinese, almeno al momento, è quella di prendere tempo.

 

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