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Volodymyr Zelensky mette l'Italia spalle al muro: perché sul blocco del gas russo non possiamo dire di sì

Renato Farina
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Volodomyr Zelensky insiste. Ringrazia per le armi. Bravi, ce le avete mandate, era ora. Ma non basta: dovete subito chiudere i gasdotti che portano il metano siberiano in Europa e dunque finanziano la guerra che ci annienta. Subito subito, altrimenti dannate noi, e dannate l'anima vostra. Ha mandato avanti il suo principale consigliere economico, Oleg Ustenko, che è stato persino più esplicito. In un'intervista all'Observer (inglese), ripresa immediatamente da Newsweek (americano), ma ignorata totalmente in Italia, per non scandalizzare il popolo bue, è arrivato all'anatema. Addirittura alla minaccia di portarci in Tribunale insieme a Putin se non ci metteremo in riga. Dice: chi ancora compra gas russo è un criminale. «Li processeremo a guerra finita». Poi in un commento su theguardian.com è andato ancora più in là. «Se i russi stanno commettendo crimini di guerra, anche genocidio, chiunque stia fornendo alla Russia questi fottuti soldi commette lo stesso crimine di guerra». Gli anglosassoni ospitano con un certo gaudio questi colpi inflitti non certo a loro ma all'Europa continentale, averla indebolita non dispiace ai capofila della Nato.

 

 

 

Con chi ce l'ha questo combinato disposto di Usa, Regno Unito e Ucraina? Con la Germania senz' altro. Infatti il cancelliere Scholz, spinto dai sindacati e dalla Confindustria tedesca, ma soprattutto dai numeri, ha detto di no. E ha chiesto tempo. «Un embargo immediato del gas provocherebbe una violenta recessione», con conseguenze sociali gravissime. Però. In visita a Kiev giovedì, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha dato invece ragione a Zelensky: bloccheremo subito le esportazioni russe di petrolio e gas. E noi? Purtroppo, e in perfetta contemporaneità anche l'Italia, che è il maggior consumatore di gas siberiano e caucasico, ha annunciato che smetterà «presto» di comprarlo «per ragioni etiche». Sono le parole di Draghi. Che fa? Cede a un ricatto morale? Etica? L'etica tiene conto di tutti i fattori in gioco. Non è un fatto di meschina convenienza, tipo il famoso condizionatore per rinfrescarsi e il termosifone per riscaldarsi. Se fosse così, sarebbe criminale resistere all'invito a un sacrificio che non mette certo in gioco la pace sociale. Ma qui c'è in ballo ben altro, e - ci tocca ricordarlo- per un governante il primo imperativo morale è la tutela degli interessi vitali del proprio popolo. Chiudere "qui e ora" il rifornimento di idrocarburi da Mosca equivarrebbe a spezzare la spina dorsale economica del nostro Paese, insomma questo sì sarebbe un crimine.

Chi scrive non è un tecnico. A dimostrarlo è con un poderoso studio, limpido come un ruscello alpino, il Guido Possa, già viceministro per l'Università e la Ricerca del governo Berlusconi, e docente del politecnico in materia di sicurezza energetica. Su notiziegeopolitiche.net troverete la rigorosa dimostrazione, senza un briciolo di moralismo odi ideologia, della sciagura che ci colpirebbe qualora obbedissimo al diktat dell'anglosfera. Trascrivo qui i punti decisivi del saggio di Possa (85 anni, ingegnere, esperto di nucleare) uscito ieri.
1. Per l'Italia il gas naturale (il metano) è la fonte primaria di energia, ben diversamente dagli altri Paesi europei. Da noi infatti la percentuale di energia prodotta dal gas sul totale dell'energia consumata è molto elevata, il 42%. Assai inferiori le percentuali in Germania (26%), Spagna (23%), Francia (17%), Regno Unito (28%).
2. Dal maggio del 2020 il prezzo del gas si è quintuplicato. Ma non possiamo farne a meno, viene usato soprattutto per produrre energia elettrica.
Le bollette per i consumatori, famiglie e aziende, sono però professor calcolati in modo ingiusto. Infatti si adotta come riferimento il prezzo del gas del giorno, mentre in circuito c'è anche l'energia prodotta dall'eolico e dal fotovoltaico la cui produzione non ha subito alcun incremento dei costi.
3. Il gas naturale consumato in Italia è solo in piccola parte auto prodotto. Nel 2021 la produzione nazionale è stata pari a 3.343 milioni di Smc (metrocubo standard), il 4,4% del consumo interno lordo, e l'importazione ha raggiunto i 72.728 milioni di Smc, il 95,5% del consumo interno. Di questi 72.728 milioni di Smc, precisamente 29.061 milioni di Smc li compriamo da Mosca.
Insomma: il 39, 96 % arriva dalla Russia! In queste condizioni di mercato chiudere quel rubinetto è come togliere il respiratore a un malato di Covid.
4. Si dice: che problema c'è? Sostituiamoli con i gassificatori. Costano tanto? Amen.
Amen un corno. Significa fallire. In Italia ne funzionano solo tre: a Panigaglia (La Spezia), Cavarzere (Rovigo) e Livorno. Gassificano gas naturale liquefatto (a -161 °C), portato all'attracco dei tre porti tramite navi metaniere. La gassificazione è un processo chimico-fisico delicato, che richiede impianti complessi, con elevatissime esigenze di sicurezza, infinitamente maggiori del nucleare. Il problema di tempo è insormontabile. E bisogna dotarsi di navi metaniere. (L'Eni - questo non lo scrive Possa - ne avrebbe bisogno di un centinaio. Ma non ci sono. Ne ha trovate due: una in Congo, ma va riadattata essendo dismessa da un paio d'anni; l'altra in Corea del Sud, ma disponibile dell'inizio del 2023...).
5. L'uso domestico del gas è effettuato da 20.432.000 famiglie. Nel 2020 i condomini titolari di contratto per uso domestico di gas sono stati 192.000.
Non si possono lasciare senza, energia elettrica a parte. C'è un problema. Lo stoccaggio oggi in Italia utilizza 15 serbatoi sotterranei. Ma causa il freddo inaspettato, e la mancanza di notizie accurate sui preparativi di guerra della Russia, il governo ha lasciato che le riserve languissero. Riempirli al prezzo attuale - dice Possa- costerebbe 12 miliardi di euro. Ma non è quello il principale dei problemi in caso di caro prezzo e razionamento: si sopravvive con una fiamma sola, e i termosifoni compensati dai maglioni.
6. Il vero gravissimo tema è l'utilizzazione del gas naturale nell'industria: acciaierie, fonderie, metallurgia, vetrerie, industrie ceramiche, produzione di cemento, industrie del legno, industrie della carta sono dipendenti totalmente da questa materia prima. Alzare ulteriormente il prezzo del gas, o addirittura renderne dubbio l'approvvigionamento, butterebbe fuori dal mercato la seconda nazione manifatturiera d'Europa. Ma non c'è bisogno di proiettarci nel futuro: siamo al dramma già oggi: con forti rischi di prossima chiusura delle attività e nell'industria della ceramica questo è già un dato di fatto.

 

 

Conclusioni. Scrive Possa: «Il blocco del gas russo aggraverebbe ulteriormente la già grave situazione generata dall'anomalo aumento del prezzo del gas: va assolutamente scongiurato. Il nostro governo deve opporsi con forza in sede Ue al taglio del rifornimento del gas russo almeno fino a tutto il 2023». Bisogna aiutare gli italiani ad essere in condizione di aiutare l'Ucraina. Altrimenti discettare di libertà è retorica pelosa e pure pericolosa.

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