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Putin, le mani su due Paesi: "Chi sta reclutando", il piano per conquistare il mondo

Mirko Molteni
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Alle sanzioni occidentali la Russia reagisce con un'attività diplomatica che ne annulla l'isolamento. Tramite contatti bilaterali e organi multilaterali ben collaudati, come il formato BRICS e la parallela SCO, Shanghai Cooperation Organization, Mosca evoca un "mondo altro" che potrebbe sancire un "tramonto dell'Occidente" come Oswald Spengler aveva profetizzato nel suo omonimo libro del 1918, alla luce della catastrofe della Prima Guerra Mondiale. Il blocco euro-americano, l'Occidente di matrice bianca e cristiana, che comprende Unione Europea, Nordamerica e Oceania, escluso un Sudamerica spesso riottoso verso il dominio Usa, è una minoranza dell'umanità, con una popolazione di 900 milioni di persone, nemmeno un miliardo, mentre l'umanità intera tocca 8 miliardi. I BRICS, il gruppo imperniato sull'asse Russia-Cina allargato a Brasile, India e Sudafrica, conta 3,2 miliardi d'abitanti, più del triplo dell'Occidente "bianco", soprattutto per il peso delle masse cinesi e indiane.

PARI RICCHEZZA
La ricchezza, come PIL aggregato, è uguale, poiché l'Occidente sopravanza i BRICS di pochissimo, con 52.000 miliardi di dollari contro 50.000. Si dirà che l'Occidente è più moderno dei BRICS perché produce la stessa ricchezza con una popolazione tre volte inferiore, ma è una situazione transitoria perchè i Paesi emergenti hanno più margini di crescita futura man mano che le loro masse vengono istruite a livello universitario. Nei Paesi non occidentali, inoltre, per motivi ideologici e patriottici, è più facile decidere di aumentare, anche di molto, la percentuale di PIL dedicata alle forze armate, con ciò che ne consegue nell'erosione della forza militare occidentale. Il blocco euro-americano ha dato quasi tutto ciò che poteva dare, tenuto conto che parte della sua crescita, storicamente, è stata alimentata da risorse provenienti dal resto del mondo, prima, dal 1500 al 1950, tramite gli imperi coloniali, poi, negli ultimi 70 anni, con un circuito di commercio in gran parte ancora neocoloniale e fondato sulla supremazia del dollaro. Gas, petrolio e metalli presenti in quantità nel sottosuolo di Brasile, Russia o Sudafrica, potrebbero essere sempre più dirottati per la crescita interna, oppure esportati verso Paesi ritenuti più amici, come la Cina.

Lo scorso 23 giugno Pechino ha ospitato virtualmente la videoconferenza dell'ultimo summit BRICS. Negli stessi giorni, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha offerto nuovi assist al collega russo Vladimir Putin, garantendogli che continuerà a comprare grano e fertilizzanti russi, mentre si sono offerti come candidati all'adesione al BRICS due Paesi che non sono colossi, cioè Iran e Argentina, ma che hanno notevole peso, soprattutto la repubblica degli ayatollah, che è fra i maggiori produttori di petrolio ed è nevralgica per gli equilibri militari in Medio Oriente. Parte di questa lotta sta avvenendo minando lo status del dollaro come moneta principe. Dopo che il 15-16 luglio il presidente americano Joe Biden è andato in Arabia Saudita, il 19 luglio Putin ha incontrato a Teheran il collega iraniano Ebrahim Raisi, col quale ha parlato di «area valutaria rublo-rial» per gli scambi bilaterali. Il 26 luglio i piani anti-dollaro di Mosca sono stati meglio precisati dal presidente della Duma, Vyacheslav Volodin: «Il processo di de-dollarizzazione è iniziato e non può essere fermato. C'è una natura ciclica, secondo la quale ogni valuta mondiale dura circa 100 anni».

Il presidente della Duma ha ricordato la vacuità del rapporto fra dollaro e beni reali poiché, «la stampa delle banconote americane non è frenata da nulla». Infatti da quando nel 1971 il presidente Usa Richard Nixon sganciò il volume di dollari stampati dal corrispettivo in riserve d'oro degli Stati Uniti, il biglietto verde è stampato a piacere dalla Federal Reserve e il suo valore è sostenuto da due fattori politici, ossia la "reputazione" degli Stati Uniti come massima potenza militare, nonché l'uso del dollaro come metro del mercato petrolifero, in quanto "petroldollaro". Secondo Volodin, il dollaro perderà terreno però «non a favore dell'euro, ma a vantaggio delle valute degli stati sovrani». Del resto, l'Unione Europea è l'anello debole, per carenze concettuali delle sue classi dirigenti, troppo abituate a delegare a Washington i grandi temi e le grandi strategie. L'Europa, inoltre, fra le grandi aree del mondo, è fra le più povere di risorse in proporzione alla popolazione e dunque più dipendente dalle importazioni, come si è visto col gas.

LAVROV IN AFRICA
Frattanto, dal 24 al 28 luglio il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha compiuto una missione africana, in Egitto, Uganda, Congo ed Etiopia, in preparazione del vertice Russia-Africa che si terrà in ottobre ad Addis Abeba, battendo sul tempo un vertice Usa-Africa in programma a Washington in dicembre. L'Africa, immenso scrigno di metalli rari, è oggetto di contesa e l'influenza occidentale è a rischio, come testimonia il ritiro della Francia dal Mali sotto l'incalzare dei russi. Tornato dall'Africa, Lavrov ha poi partecipato il 28-29 luglio a Tashkent, in Uzbekistan, al vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi SCO, il blocco di Shanghai che comprende Russia, Cina, India, Kazakhstan, Kyrgyzistan, Pakistan, Tajikistan e Uzbekistan, più, con lo status di osservatori, Iran, Bielorussia, Mongolia e Afghanistan, e altri Paesi, come Turchia e Armenia, come "partner di dialogo". La SCO, parallela al BRICS, è un blocco eurasiatico che a Samarcanda, il 15-16 settembre terrà il summit dei capi di stato. L'Occidente pare dunque "perduto" e destinato a ritrovarsi esso stesso più isolato. Per evitarlo, non gli basterà valorizzare come aghi della bilancia stati orientali democratici come Giappone, Corea del Sud e Taiwan, ma dovrà riaprire al mondo russo, esso stesso bianco e cristiano, che potrebbe mollare la Cina a patto che Washington accetti di non interferire nella sfera ex-sovietica.

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