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Dario Fabbri, "effetto fallout": così Putin può farsi fuori da solo

Mirko Molteni
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Il discorso del presidente russo Vladimir Putin ha sancito ulteriori tappe del conflitto russo-ucraino. L'annessione alla Russia dei territori occupati, dietro la "pezza" di referendum illegali, apre la via alla deterrenza atomica per scoraggiare offensive di Kiev. E la mobilitazione parziale dei riservisti russi prolunga un conflitto che, fra l'altro, avvantaggiala Cina. Abbiamo intervistato al proposito l'analista geopolitico Dario Fabbri, direttore della Rivista Domino, di cui è in uscita il nuovo numero, dedicato agli intrecci fra crisi ucraina e crisi taiwanese.

Come interpretare la mobilitazione, molto parziale, dei riservisti russi, per ora limitata al solo 15% dei 2 milioni di riservisti del Cremlino?
«La mobilitazione è l'ammissione che era impossibile tenere i territori ambiti da Mosca con soli 150.000 soldati. Con 300.000 riservisti, i russi aggiungono sul piatto forze doppie di quante finora schierate. Fin dall'inizio si capiva che Putin aveva poche truppe. Ci hanno provato ugualmente, mandando a combattere mercenari della Wagner, milizie cecene e siriane. Ma non è bastato perché gli ucraini, sono riusciti a resistere e a contrattaccare grazie agli armamenti occidentali».

La nuova "frontiera" russa preannunciata di fatto, permetterà ai russi di minacciare una guerra totale per scoraggiare il nemico?
«I referendum nel Donbass, a Kherson e Zaporizhia non sono legali. Non c'è nessun osservatore internazionale, nessuna campagna elettorale. Saranno plebisciti in cui gli elettori sentiranno la pressione dell'occupante armato. Anche se, Donbass a parte, ci sono molti filorussi anche nelle zone di Kherson e di Zaporizhia, la quale non è nemmeno controllata interamente dai russi, è arduo dire se siano la maggioranza. L'annessione serve al Cremlino per due motivi. Primo, mostrare alla popolazione russa di essere riusciti a conquistare un territorio che equivale al 20% dell'Ucraina. Una sorta di "vittoria", sebbene lontana dai sogni di febbraio. Secondo, ammonire gli ucraini e le nazioni occidentali ponendoli di fronte al dilemma di attaccare un territorio considerato passibile di difesa nucleare, come prevede la dottrina strategica russa».

Ma quanto è credibile la minaccia nucleare?
«L'impiego reale di un'arma nucleare tattica per difendere la nuova frontiera russa porrebbe enormi problemi, specie la ricaduta di detriti radioattivi dell'esplosione, in gergo il fallout. L'uso di simili armi dipende dalle condizioni del vento, ma in Ucraina ci sono venti mutevoli e imprevedibili, inoltre mancano montagne che facciano barriera. Il fallout può disperdersi anche verso la Russia. Un'atomica tattica non basterebbe a far concludere un conflitto, per quanto devastante. Ce ne vorrebbe una strategica».

Perché la Cina critica i referendum d'annessione?
«La Cina non approva i referendum russi nelle zone occupate, come non ha mai approvato l'annessione della Crimea nel 2014, sulla base del suo principio di non-ingerenza negli affari interni di altri paesi. Pechino è fredda sulla questione ucraina, che considera diversa da quella di Taiwan. Ciò perché, secondo il governo cinese, esiste un'unica Cina, comprendente anche la "ribelle" Taiwan. In realtà Cina e Russia non si amano, semplicemente hanno un nemico comune, gli Stati Uniti. La guerra in Ucraina fa comodo ai cinesi perchè distoglie gli americani, almeno in parte, da Taiwan, anche se in agosto la speaker del Congresso Nancy Pelosi è stata a Taipei. Inoltre, l'aumento delle forniture russe di gas e petrolio è vantaggioso per Pechino perché sono i cinesi a fare il prezzo».

Insomma, durerà ancora a lungo.
«La guerra non sta andando bene né per gli ucraini, né per i russi. A parte la controffensiva nell'area di Kharkiv, in sostanza c'è stallo da fine giugno. I russi occupano, come s' è detto, un quinto del paese e sono in grado di condizionare l'attività del porto di Odessa. E la Russia può resistere molto più a lungo dell'Ucraina, i russi sono abituati ai disagi e hanno una mentalità imperiale, mentre Kiev è legata all'Occidente e può resistere solo fintanto che i paesi occidentali, specie l'Unione Europea, che è tutt' altro che coesa, non decideranno che i problemi economici, gas, elettricità e altro, non valgano più il gioco».

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