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Petrolio, il patto segreto che umilia l'Italia: la mossa di Erdogan

Mirko Molteni
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Mentre l'attenzione dell'Europa è distolta dalla guerra russo-ucraina, il presidente turco Recep Erdogan si fa largo in Libia, dove influenza il governo di Tripoli, in rotta con il Parlamento che ha sede a Tobruk. Il turco incassa un accordo su ricerca ed estrazione di petrolio e gas nel paese africano e in una vasta fetta del mare antistante, in barba alle proteste di altri paesi, soprattutto Egitto e Grecia. Forte è il rischio che vengano erosi margini per le forniture di idrocarburi all'Italia, considerato che l'Eni opera da sempre in Libia. Da mesi vedevamo il "sultano" di Ankara mediare fra Russia e Ucraina, finora invano. Ma mentre faceva mostra di statista "pacifista", su un altro fronte consolidava l'egemonia sulla Tripolitania, in una Libia come noto spaccata fra Est e Ovest, con la Cirenaica, appoggiata da Egitto, Russia e Francia, sempre sul piede di guerra.

 

 

SENZA MANDATO Una tregua traballante dovrebbe portare a elezioni pan-libiche, ma queste vengono tenute in naftalina mentre il premier tripolino Abdulhamid Dbeibah resta in sella anche se il suo mandato è scaduto a dicembre 2021. In tale quadro, il 3 ottobre i turchi hanno attuato un "blitz" diplomatico inviando a Tripoli una delegazione guidata dal ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu e comprendente il ministro della Difesa Hulusi Akar, il ministro dell'Energia e delle Risorse Naturali, Fatih Donmez, il ministro del Commercio, Mehmet Mus, il responsabile comunicazione Fahrettin Altun e il portavoce della presidenza turca, Ibrahim Kalin. Mezzo governo turco s' è scomodato per incontrare Dbeibah e la sua ministra degli Esteri, Najla El Mangoush. È stato rinnovato il supporto militare turco, e in tal caso non è una novità dato che truppe di Erdogan sono sbarcate fin dal 2020 per aiutare Tripoli contro Tobruk. Ancora a fine agosto 2022 droni turchi hanno aiutato le milizie di Dbeibah a respingere i soldati del premier rivale Fathi Bashagha, espressione della Cirenaica, che tentavano d'entrare nella capitale. Ma l'accordo più importante è quello sugli idrocarburi, con cui Dbeibah dice di parlare a nome della compagnia petrolifera nazionale libica Noc, affinché essa conceda alla compagnia turca Turkish Petroleum International Corporation (Tpic) di condurre «progetti integrati al fine di migliorare l'esplorazione del territorio e di risorse marine». Sono comprese «esplorazione, produzione, lavorazione, stoccaggio e trasporto delle risorse nei giacimenti già operativi e di futura scoperta sia onshore e che offshore da parte della compagnia nazionale turca». Secondo il Parlamento di Tobruk e il rivale Bashagha, Dbeibah non può parlare a nome di tutta la Libia.
Inoltre, la compagnia libica Noc è uno "Stato nello Stato" distinto dai governi rivali e il suo capo, Farhat Bengdara, non s' è ancora espresso sull'accordo Tripoli-Ankara, mentre si sa che ha aperto alla petrolifera russa Zarubezhneft i pozzi di Sarir e Messla.

 

 

 

INTERESSI IN CONTRASTO La Noc è in società con l'Eni in uno dei gasdotti alternativi che diversificano l'afflusso di metano per l'Italia. È il Greenstream, che si snoda per 520 km dai giacimenti di Wafa, nella Libia Occidentale, e passa dalla stazione di compressione costiera di Mellitah, che spinge il gas per la tratta sottomarina È di quattro morti e 25 feriti il bilancio di un attentato suicida compiuto ieri in una moschea dia Kabul, in Afghanistan.

Da quando i talebani sono tornati al potere lo scorso agosto, hanno dato la priorità alla sicurezza, ma negli ultimi mesi gli attacchi sono aumentati, con i funzionari che hanno cercato di minimizzarli. Il portavoce del ministero dell'Interno afgano, Abdul Nafy Takor, ha riferito ai giornalisti che è in corso un'inchiesta sull'accaduto. (LaPresse) finale al terminal di Gela, in Sicilia. Proprio ieri la piattaforma europea Agsi ha reso noto che, su 200 milioni di metri cubi di gas entrati in Italia in un giorno dall'estero, 8 milioni sono arrivati dalla Libia mediante il Greenstream. Non molto, ma, di questi tempi, sempre preziosi. Se la compagnia turca espande le sue ricerche è probabile che tolga spazio anche a Eni. Il generale Khalifa Haftar, capo militare della Cirenaica, tace, ma al posto suo protestano 90 deputati dell'aula di Tobruk: «Condanniamo e respingiamo l'accordo firmato a Tripoli e ogni protocollo d'intesa o vago accordo. Il governo con sede a Tripoli è decaduto e non ha né legittimità né autorità legale». L'aula di Tobruk ha denunciato all'Onu l'abuso, che concretizza mire turche su acque già oggetto di un memorandum turco-libico del novembre 2019. S' infuriano Grecia, Cipro, Egitto e Israele, che stanno sviluppando insieme l'estrazione di gas dal fondo marino per esportarlo in Europa su navi e col futuro gasdotto EastMed. L'area marittima pretesa da Erdogan collide con le rispettive zone economiche esclusive in un vasto trapezio fra Creta e le coste libiche. Dalla coordinazione fra il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry e il collega greco Nikos Dendias, è montatala protesta internazionale che ha spinto l'Unione Europea a sostenere Atene. Dice il portavoce UE agli Esteri, Peter Stano: «Vanno evitate azioni che danneggiano la stabilità regionale. Chiediamo chiarimenti sull'intesa libico-turca. Ricordiamo che il memorandum Turchia-Libia del 2019 viola diritti di sovranità di Paesi terzi, non è in linea con la Legge del mare e non può produrre conseguenze legali per Stati terzi». Ankara replica che «porre obiezioni su un accordo tra due Stati sovrani è contrario al diritto internazionale e ai principi dell'Onu» e accusano la Grecia di «richieste massimaliste». Ma Erdogan si sta facendo troppi nemici.

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