Emmanuel Macron
A ripercorrere la storia dei rapporti tra Francia e Italia, dall’Unità in poi, quel che appare subito evidente è l’atteggiamento di Parigi improntato a uno sgradevole senso di superiorità foriero, innumerevoli volte, di crisi gravissime sia sul terreno diplomatico che commerciale. Le tensioni degli ultimi mesi, dal problema della ricollocazione degli immigrati al caso Zelensky, rappresentano solo gli ultimi episodi di una lunga catena di conflitti fra il nostro Paese e la Francia. Finanche Napoleone III, dopo avere contribuito non poco al processo di unificazione dell’Italia - decisivo fu il ruolo svolto durante la Seconda guerra d’indipendenza nel 1859 quando il Regno di Sardegna guadagnò la Lombardia - non appena la politica estera del neonato Regno cercò di emanciparsi- aprendosi alle altre realtà europee- mutò registro ostacolando in ogni modo il completamento dell’Unità. Infatti, Roma viene conquistata nel 1870 contro la volontà di Parigi e solo dopo il tracollo francese a Sedan. Nel 1881 si consumò quello che è passato alla storia come “schiaffo di Tunisi”.
La Francia fece della Tunisia un suo protettorato sbarrando la strada alla prevista espansione italiana in quel Paese dove vivevano da tempo circa 22mila connazionali i cui diritti acquisiti vennero disconosciuti già nei primi atti amministrativi firmati dai francesi. Se si vuole avere un’idea di come i cugini d’Oltralpe consideravano gli italiani (consideravano?) basta andare in biblioteca e consultare le vignette dei giornali parigini all’indomani della firma nel 1882 del Trattato della Triplice Alleanza con la Germania e l’Austria-Ungheria.
SCHIAVETTI
Il presidente del Consiglio, Agostino Depretis e i suoi ministri, vengono raffigurati come schiavetti la cui unica occupazione è quella di lucidare gli stivali del Cancelliere tedesco Otto von Bismarck. Dopo pochi anni, nel 1888, scoppia una guerra doganale durissima (anche in segno di ritorsione per la politica filo-tedesca promossa dal presidente del Consiglio Crispi) che mise in ginocchio la nostra agricoltura, fino a schiacciare l’economia del Meridione. Ma non finisce qui. Nel ’35 Mussolini, alla vigilia della campagna d’Etiopia, riceveva dal presidente francese Laval ampie rassicurazioni sulla neutralità del suo Paese nel caso in cui fossero dovute scattare misure internazionali contro l’azione coloniale italiana. Dopodiché Parigi votò a favore delle sanzioni insieme ad altri 50 Paesi della Società delle Nazioni.
Per avvicinarci ai nostri anni vale la pena di ricordare quanto avvenne nel 1969, quando Mu’ammar Gheddafi prese il potere in Libia con un colpo di Stato ed espulse, dopo averne sequestrato i patrimoni, l’intera comunità italiana. Ebbene, i primi aerei da combattimento usati dal Colonnello furono inviati dalla Francia. Le cose non andarono, per fortuna, sempre in tal modo. Ben diverso fu il clima che si respirava nel Secondo dopoguerra durante la stagione in cui maturarono le grandi e lungimiranti idee europeiste animate da personalità di elevata caratura politico-culturale come De Gasperi, Adenauer, Monnet e Schuman. Fu proprio quest’ultimo, ministro degli Esteri francese, il 9 maggio ’50 a fare il discorso con il quale si proponeva la creazione della Comunità del carbone e dell’acciaio intesa quale primo passo verso quella che diventerà, pur attraverso passaggi difficili e spesso controversi, l’Ue. Nella “Dichiarazione Schuman” si legge che “l’Europa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. A giudicare da quanto accaduto negli ultimi mesi è lecito pensare che Macron abbia dimenticato le parole dell’illustre connazionale e che preferisca operare all’ombra di una risibile e inesistente “grandeur”.