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Francia, Giulio Meotti e la verità sulla rivolta: "Insurrezione islamica"

Matteo Legnani
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Da ormai quattro giorni la Francia brucia. Devastazioni, violenze, feriti, un morto. Centinaia di arresti. Giulio Meotti, giornalista de Il Foglio, usa due parole per quanto è successo dall'uccisione, a Nanterre, del 17enne Nahel M. per mano di un poliziotto: «insurrezione islamica».

 

 

 

Meotti, come andrà a finire in Francia?
«Come le altre volte. Le violenze potrebbero finire oggi, oppure durare un'altra settimana. Poi la fiammata si spegnerà e si tornerà a uno stato di pseudo normalità, almeno fino alla prossima scusa. La differenza, rispetto a vent’anni fa quando la prima di queste vampate di violenza ebbe luogo, è che questa volta gli attacchi si sono verificati in tutto il Paese, ben al di là di dove il fatto scatenante ha avuto luogo».
Ma si può parlare di guerra civile?
«No, perché la guerra civile è un’altra cosa. Quel che accade in Francia, invece, è l'uso della forza e della violenza per affermare e riaffermare il controllo del territorio, per difendere zone di territorio che quello che si potrebbe definire “comunitarismo islamico” ha sottratto allo Stato. In questo senso, la Francia non solo è un pagliaio, ma è anche un esperimento che ci permette di osservare dove vanno le società in cui sono presenti enormi comunità di immigrati da Paesi islamici».
E dove sta andando la Francia? 
«Verso la disintegrazione del tessuto sociale e, poi, verso l'affermarsi di un nuovo ordine sociale».

 

 

 


L'Italia corre quel rischio? 
«Potrebbe trovarsi in una situazione analoga fra 20 o 30 anni, se non frenerà in modo radicale i flussi migratori. E se anche qui il comunitarismo islamico troverà forti sostenitori nel mondo della politica, della cultura e dei media, come è accaduto e sta accadendo in Francia».
Anche in Italia c’è stata, una ventina di anni d’anni fa, una sinistra dei Bertinotti, dei Ferrando, dei Vendola e dei Diliberto che era filo-immigrazione e filo-islamica e che, però, nel tempo è finita per diventare ininfluente. Perché da noi le cose sono andate diversamente rispetto alla Francia, dove il partito di ultra-sinistra di Mélenchon è la terza forza del Paese? 
«Perché forse i nostri sono stati meno bravi di lui e perché la nostra principale forza politica di sinistra, il Pd, si occupa di Ztl e piste ciclabili, che agli immigrati e a gli islamici in particolare non interessano granché. Ma va detto che Mélenchon in Francia ha un bacino di utenza davvero enorme tra gli immigrati che hanno diritto al voto, coi quali ha sostituito gli operai che votavano comunista e che oggi non esistono più».
La presenza di un centrodestra che, nonostante anni difficili, non si è mai disgregato, ha avuto il suo peso? 
«Indubbiamente, lo sfascio del gaullismo in Francia ha contato molto, così come il fatto che oggi i socialisti siano ininfluenti. Quanto al nostro centrodestra che è al governo oggi, non può che essere bacchettato sulla questione immigrazione: mi chiedo come sia possibile che un governo cosiddetto sovranista abbia permesso che da gennaio a oggi 70mila nuovi immigrati siano entrati nel nostro Paese…».
Lei dice bloccare l’immigrazione, ma decenni di sbarchi ci hanno insegnato come sia facile a dirsi e difficile a farsi. 
«Il punto è che la Francia dimostra come la quantità, oltre un certo limite, diventi qualità. Nel senso che esiste un punto critico passato il quale i processi di sostituzione demografica e fenomeni come il comunitarismo islamico diventano inarrestabili. In questo senso occorre combattere l’immigrazione clandestina, ma anche rivedere le norme che regolano il diritto di asilo, grazie alle quali oggi in Italia entrano legalmente migliaia e migliaia di stranieri ogni anno. È una cosa difficilissima a farsi, perché significa andare contro l’Europa. Ma ostacolare il più possibile i flussi immigratori non basta…».
E cos’altro occorre fare? 
«Fermare il flusso enorme di denaro che arriva dai Paesi del Golfo e dalla Turchia e va a finanziare la costruzione di moschee, centri islamici e a sostenere gruppi e predicatori. E chiudere le moschee salafite, che sono quelle in cui si predica la sottomissione dell’Occidente e l’annientamento degli infedeli».

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