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Zelensky, fuoco amico dalla stampa Usa: "Strage al mercato, colpa di Kiev"

Andrea Morigi
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In America è la giornata del fuoco amico. Contro l’Ucraina. A tiare la bordata è il New York Times, con un’inchiesta sul bombardamento del mercato di Kostiantynivka, nel Donetsk, il 6 settembre scorso, dove morirono almeno 17 persone e oltre 30 rimasero ferite. Il missile che provocò la strage non sarebbe stato lanciato dal settore occupato dai russi, ma secondo la ricostruzione pubblicata arrivava da nord-ovest, quindi dalle zone controllate da Kiev. Potrebbe trattarsi di un missile antiaereo finito fuori rotta per un danno al momento del lancio o per un malfunzionamento del sistema di guida. L’inchiesta giornalistica si fonda sull’esame di prove come «frammenti di missili, immagini satellitari, resoconti di testimoni e post sui social media». Queste, spiega il Nyt, suggeriscono «fortemente che l’attacco catastrofico sia stato causale errante dell’antiaerea ucraina, lanciato da un sistema Buk». Sembra, dunque, che l’attacco sia il risultato di un «tragico incidente».

ULTERIORI INDAGINI
Negare non è più un’opzione nemmeno per il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, che infatti si vede costretto ad annunciare «ulteriori» indagini per stabilire la verità sulla vicenda. «La comparsa in pubblicazioni straniere di articoli che mettono in dubbio il coinvolgimento della Russia nell’attacco a Kostiantynivka provoca la crescita di teorie del complotto e pertanto richiederà un’ulteriore valutazione giuridica da parte degli organi investigativi», ha scritto Podolyak su Telegram. «Allo stesso tempo, vorrei ricordare - ha aggiunto - che le forze dell’ordine conducono per impostazione predefinita un’indagine approfondita e dettagliata su ciascun incidente nell’ambito della registrazione e della documentazione dei crimini di guerra russi. In particolare, si stanno studiando le circostanze dell’attacco a Kostyantynivka».

 


A Mosca, dal ministero degli Esteri, non potevano chiedere di meglio. La portavoce del capo della diplomazia russa Sergey Lavrov, Maria Zakharova, sfodera tutta la sua malignità: «Il New York Times ha pubblicato un'inchiesta davvero clamorosa per il livello dei media americani attuali». E sintetizza: «“L’Ucraina sta bombardando le proprie città”. Per me l'unica cosa superflua sono le virgolette. Perché il regime di Kiev lo ha sempre fatto. E continua». Ne approfitta anche per un affondo La stessa classe di sistemi di difesa aerea coinvolti nell'incidente con il Boeing malese nel 2014», scrive Zakharova su Telegram. Al suo atterraggio sul suolo statunitense, lunedì, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, non pensava certo di intraprendere una marcia trionfale dal Palazzo di Vetro fino alla Casa Bianca. Ma neanche s’immaginava un passaggio obbligato attraverso le forche caudine. Che negli Stati Uniti le armi siano in libera vendita, non significa che Kiev otterrà i tanto desiderati missili a lungo raggio. Non tanto per il timore che poi se li sparerebbero addosso da soli, ma per evitare una pericolosa escalation militare con Mosca proprio in coincidenza con le elezioni presidenziali americane. Andare alle urne con l’incubo dell’allarme atomico equivarrebbe a consegnare le chiavi della Casa Bianca a Donald Trump.

 


A Zelensky non rimane che fare buon viso a cattivo gioco e applaudire Joe Biden che all’Assemblea generale, a parole, lo appoggia ancora: «La Russia crede che il mondo si stancherà e le permetterà di brutalizzare l’Ucraina senza conseguenze. Ma vi chiedo questo: se abbandoniamo i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite per placare un aggressore, qualche Stato membro può sentirsi sicuro di essere protetto? Se permettiamo che l'Ucraina venga spartita, l'indipendenza di qualche nazione sarà garantita? La risposta è no. Dobbiamo opporci oggi a questa palese aggressione per scoraggiare altri potenziali aggressori domani», ha detto tra l’altro il presidente Usa. Se sono intenzioni concrete, lo si vedrà giovedì al Pentagono, durante l’incontro fra Zelensky e il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin. Il quale, ieri a Ramstein, a margine della riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina (Udcg), ha annunciato che «i carri armati M1 Abrams precedentemente promessi agli Stati Uniti saranno presto in Ucraina».

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