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Cina, le purghe di Xi Jinping? Rumors: una storia di corna

Marco Respinti
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Il ministro cinese della Difesa, il potente e noto generale Li Shangfu, 65 anni, è stato destituito dal Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, l’elefantiaca parodia del parlamento che, con i suoi attuali 2.980 deputati, semplicemente applica il timbro alle insindacabili decisioni del leader unico Xi Jinping. La fuoriuscita di Li segue il benservito dato in luglio al ministro degli Esteri Qin Gang, 57 anni, sostituito da Wang Yi, 70 anni, che già era titolare di quel ministero solo sette mesi prima. Le dimissioni ufficiali sono venute dopo prolungate assenze pubbliche dei due, in perfetto stile brezneviano, ma le motivazioni restano oscure. Su Qin sono circolate voci (riprese da The Wall Street Journal) di un’amante e di un figlio illegittimo quando serviva come ambasciatore a Washington.

Farebbe ridere, ma in realtà anche Pechino ha la sua “polizia morale” comunista. Come tutti i regimi comunisti, anche quello di Xi si vanta della superiorità etica del marxismo-leninismo, ma la cosa significa solo che, appiccicatasi al petto da sé la patacca di “migliori”, i comunisti che stanno dalla parte di volta in volta vincente travolgono i comunisti che di volta in volta stanno dalla parte perdente, scoprendo al momento giusto prove di corruzione. Un po’ perché, accecati dall’ideologia, ci credono, un po’ perché la scusa paga. Tutti però capiscono che a Xi non interesserebbero le scappatelle, vere o false, di un ambasciatore o di un ministro a meno che queste non cascassero a fagiolo per scopi politici. L’idea, poi, che un’eventuale amante possa avere aperto una falla nella sicurezza, carpendo segreti nell’intimità, getta benzina sul fuoco.

 

 

Le mosse recenti di Xi, infatti, siano esse epurazioni interne o ristrutturazioni dei comitati di partito, sono prove muscolari. Il leader cinese è forte e sta diventando fortissimo. Il consuetamente bene informato South China Morning Postricorda che sia Li sia Qin, i due destituiti eccellenti, erano pure consiglieri di Stato, ma anche che, a differenza di quanto accade in Occidente, nella Cina comunista i ministri degli Esteri e della Difesa (quei due, appunto) non sono i responsabili ultimi delle decisioni dei propri dicasteri, bensì esecutori di politiche decise più in alto. Li e Qin consigliavano insomma Xi nei giorni pari e in quelli dispari ne eseguivano gli ordini. Xi non deve avere gradito qualcuno dei loro pareri. Magari sulla Russia. O su Taiwan. O sulle manovre cinesi in Asia Centrale, fra le monarchie del Golfo Persico e pure in zona Hamas. Dal 29 al 31 ottobre si svolgerà a Pechino lo “Xiangshan Forum”, il vertice annuale sulla sicurezza regionale. Il Dipartimento di Stato americano invierà una delegazione. Nel 2018 Washington sanzionò il generale Li per compravendita di armi con la Russia. Xi, che gioca su più tavoli contrapposti, potrebbe mandare a dire a Joe Biden che fu solo colpa del ministro rimosso. Il quale però eseguiva gli ordini. 

 

 

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