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Israele, quanti disturbi mentali per chi viene catturato

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Giulia Sorrentino
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Secondo fonti israeliane il rilascio di un numero non indifferente di ostaggi in mano ad Hamas potrebbe avvenire nel giro di qualche giorno. Sono già state rilasciate due donne. Sguardo attonito, confuso, come se fosse disorientato, come se fosse da poco tornata da un altro pianeta. Basta guardare l’espressione di una delle due donne appena liberate: trasmette emozioni di una vera e propria sopravvissuta, sempre in bilico tra la vita e la morte. Che conseguenze avrà sulla mente degli ostaggi tutto ciò che hanno vissuto? Hanno trascorso interminabili giorni a tu per tu con la morte.

Si può presentare in casi come questi il DPTS (disturbo post traumatico da stress), perché il trauma vissuto va a minare l’equilibrio neurobiologico. Questo disturbo è uno di quelli che si manifesta in seguito a guerre o attacchi terroristici, studiato negli USA a partire dalla guerra del Vietnam. Le persone che ne vengono colpite sono spesso costrette dentro la loro mente a rivivere in modo quasi ossessivo il trauma subìto, ad avere flashback di attimi e frammenti di ciò che è accaduto. Molti hanno incubi, risvegli improvvisi durante la notte che li vede disorientati e incapaci talvolta di capire la loro collocazione fisica. I sintomi variano da caso a caso, ma tra questi ci sono una forte irritabilità, eccessi di rabbia, eccesso di vigilanza, come se non volessero perdere mai il controllo della situazione per non ritrovarsi poi, nuovamente, sotto attacco.

 

 

C’è chi riferisce un senso di colpa per essere sopravvissuto, talvolta a discapito di un familiare o un amico che non ce l’ha fatta. Il DPTS è un disturbo di pertinenza psichiatrica molto serio, che porta le persone a rivivere sulla propria pelle il dramma di cui sono stati, loro malgrado, attori protagonisti, che fa avere loro i cosiddetti “pensieri intrusivi”, ovvero quei pensieri negativi che si inseriscono in un regolare flusso di pensiero, che possono essere talmente forti e vividi da far sembrare di rivivere esattamente quel momento alla persona che li sta avendo. Non bisogna dimenticarsi che la guerra non miete vittime solo sul campo, perché ci sono i cosiddetti malati invisibili, che possono non aver perso un arto, ma che hanno perso la loro stabilità mentale. C’è bisogno di un presidio che si prenda cura della salute mentale dei sopravvissuti, che ne monitori i sintomi e che non faccia passare nel dimenticatoio persone la cui vita è cambiata radicalmente. 

 

 

 

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