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Trump, sorpasso nei sondaggi: Biden sotto choc, "dittatura in arrivo"

Giovanni Longoni
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Più i sondaggi indicano che il prossimo presidente sarà di nuovo Donald Trump e più l’atmosfera nel mondo politico americano si fa irrespirabile. L’accusa al miliardario di volersi fare dittatore circola da una decina di giorni e lo stesso Donald gioca a non smentirla del tutto; manca solo che a degli aspiranti Bruto e Cassio del XXI secolo venga l’idea di far fuori il futuro fulvo tiranno.

Intanto la realtà è che Donald Trump ha superato Joe Biden per la prima volta nelle proiezioni sulle elezioni presidenziali del prossimo anno. Lo ha detto ieri un rilevamento del Wall Street Journal. I consensi per il presidente in carica sono al minimo da quando è iniziato il suo mandato, solo il 37%, da quando e il 61% delle persone intervistate considera complessivamente la sua persona sfavorevolmente.

 

 

 

Meno del 30% degli intervistati ha parare positivo della «Bidenomics», la politica corposa economica promossa in questi anni dal Presidente. Biden è dietro a Trump di 4 punti percentuali, al 43% contro il 47, in una eventuale corsa a due. Il vantaggio di Trump cresce di sei punti percentuale, 37 contro 31%, se dovessero presentarsi altri candidati che, insieme, potrebbero arrivare a prendere il 17% dei voti, con l’ex democratico ora indipendente Robert Kennedy che, da solo, totalizzerebbe l’8%. Solo il 23% degli elettori ritiene che le politiche di Biden abbiano migliorato le loro vite, il 53% sostiene di esserne stato danneggiato. La metà degli elettori invece dice che le politiche di Trump, quando era alla Casa Bianca, sono state di aiuto, con il 37% che invece pensa il contrario.

 

 

 

TREND NEGATIVO

Il trend negativo per Joe è ormai una realtà consolidata. A settembre il Washington Post, stampa amica, rese noto un sondaggio in cui Joe le pigliava da Donald per poi smentire i dati sostenendo fossero frutto di un errore statistico. Allora si sospettò che dietro ci fosse nient’altro che una congiura di palazzo per spingere il vecchio e sempre meno lucido 46° presidente a farsi da parte a beneficio di un altro esponente dem. Ma oggi è chiaro che i numeri inquadrano la realtà di una nazione delusa dal suo leader.

A tirare fuori per primo la storia della dittatura era stato quel geniaccio di Robert Kagan che il 30 novembre, sempre sul quotidiano di proprietà di Jeff Bezos, aveva avvertito i lettori- liberal e conservatori “nevertrumpisti” - di mettersi il cuore in pace: Trump non solo vincerà a mani basse ma poi instaurerà un regime antidemocratico. Un po’ come l’Hitler redivivo della barzelletta di Berlusconi: «Ok torno», dice ai suoi, «ma stavolta... cattivi neh?».

Allo storico e neocons fa seguito pochi giorni dopo Liz Cheney: anche la figlia del vice di Bush jr. parla di rischio dittatoriale e segnala l’intenzione di lasciare il partito. Subito dopo tocca a Jeffrey Goldberg, dalle pagine di The Atlantic, il mensile da lui diretto, a scrivere: «Trump e il trumpismo costituiscono una minaccia esistenziale all’America e agli ideali che la animano». Eccetera eccetera.

 

 

 

Naturalmente “Don” ha reagito a modo suo, inimitabile nel bene e nel male. Durante un incontro con gli elettori dell’Iowa trasmesso dalla tv conservatrice Fox News, ha dichiarato a Sean Hennity che gli dava l’opportunità di una smentita: «Sarò un dittatore solo il primo giorno della presidenza quando chiuderò i confini e cancellerò le politiche per il clima ricominciando a trivellare». Scherzava? Chissà... Fatto sta che lo stesso Hannity, che passa per il commentatore politico più scafato della “trumposfera”, ha vacillato: «What?!». «Sono i democratici», lo ha rassicurato alla fine il tycoon, «che abusano del loro potere non io».

 

TOGA TOGA TOGA

Non c’è dunque alternativa alla “dittatura” di Donald? Certo che c’è: la magistratura è da tempo all’opera per incastrarlo: dal processo farsesco intentato dalla pornstar Stormy Daniels al procedimento sui documenti segreti che l’ex presidente conservava a casa (ma lo stesso fa Biden). Fino alle indagini più scottanti: quella per l’assalto a Capitol Hill (al quale però non partecipò) e soprattutto quella per evasione fiscale. Meglio un colpo in testa? 

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