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Usa, follia gender sui giocattoli: negozi obbligati ad avere quelli di genere "neutro"

Claudia Osmetti
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Come se fosse una questione di colore. Il rosa no, il blu giammai. Oppure di confezione. Oppure chissà di che altro. Come, cioè, se fosse tutta colpa dei camioncini elettrici radiocomandati o delle bambole coi vestitini intercambiabili. Il genere neutro arriva anche nei negozi di giocattoli. In California, almeno. Dove il primo gennaio è entrata in vigore una legge che obbliga (sì, obbliga) i grossi rivenditori di articoli per bambini ad avere una sezione dedicata a chi non si sente né bimbo né bimba.

La storia è lunga e parte dal 2021, anzi parte dalla presidenza democratica di Barak Obama, ma vediamo di riassumerla in poche righe: nel 2014 Obama è il primo, in un evento pubblico tenutosi a Washington, a dire che no, gli «stereotipi di genere nei giochi» proprio non sono accettabili. S’innesta una discussione politica e, sette anni dopo, Gavin Newsom, che è il governatore dello Stato californiano, ovviamente pure lui con la spilletta dell’Asinello attaccata al bavero della giacca, fa il salto di qualità: vara una norma, che passa per un margine di 49 voti favorevoli contro sedici contrari, affinché nelle catene di negozi di giocattoli con più di 500 dipendenti, a San Francisco o Los Angeles o San Diego, siano creati tassativamente degli scaffali appositi per il gender-no.

 

 

Il “tassativamente” significa che Newsom pensa anche a delle sanzioni pecuniarie, 250 dollari per chi viene pizzicato la prima volta a eludere l’imposizione e il doppio (ossia 500 dollari) per i recidivi che non si adeguano nemmeno dopo una segnalazione della municipale odi chi è deputato a staccare la multa.

Oggi, anno domini 2024, un decennio a venire dalla “geniale” intuizione obamiana, questa legge è realtà. Fine dell’excursus storico e inizio dei dubbi.
Che sono almeno tre. Primo: ma che senso ha? Una macchinina è una macchina.

Resta tale sia che ce l’abbia in mano una bambina di sei anni sia che la usi un bambino di otto. Nel mondo libero e nel nuovo millennio stiamo superando, fortunatamente, il cliché di femminuccia uguale dolce forno e maschietto uguale pallone (nel caso americano, guanto da baseball). I ragazzini di oggi, chiunque abbia un figlio o un nipote lo può testimoniare, certe cernite mica le fanno. Passano dal cagnolino di peluche col guinzaglio rosa alle costruzioni come pare a loro. Provaci, a toglierglieli. Infilarci dentro un ripiano ad hoc che fa intendere questo-sì quello-no, al netto di quelle che possono anche essere considerate buone intenzioni, paradossalmente, non rischia di creare confusione?

 

 

Secondo dubbio (che poi rimanda al primo): ma di preciso, un giocattolo di genere neutro cos’è? Su internet se ne vedono di vari esempi: uno zainetto dei vigili del fuoco, un carrello della spesa, tutto ciò che è musicale, il kit della scienza. Niente di nuovo, insomma. L’unica differenza è che la loro confezione non specifica a chi siano destinati. E allora non bastava questo? Bisognava proprio creare uno scompartimento a parte? Terza perplessità: soprattutto, era necessario un obbligo? Nel “Paese della libertà”, quello del sogno americano, quello del non-importa -da -dove -vieni eccetera? Siamo arrivati al punto che serve un dovere imposto per legge, con tanto di ammonizione e conseguenze, quantomeno economiche, altrimenti sono guai?

I PRECEDENTI - Non è neanche la prima volta. La Spagna, nel 2022, ha vietato gli stereotipi di genere nella pubblicità dei giocattoli modificando il codice deontologico dei produttori iberici. La Mattel, casa madre di Barbie, nel 2019 ha creato la sua prima bambola di genere neutro, da “personalizzare” a piacere. Però quella è stata una scelta privata, aziendale, probabilmente dettata dal mercato e di certo non obbligata dallo Stato. C’è differenza, ecco.

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