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Javier Milei, Israele, Giappone: c'è una gran voglia di Nato

Giovanni Terzi
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Come sta la Nato? Qualche anno fa, Macron l’aveva diagnosticata in morte cerebrale. Era il 2019: tre anni dopo l’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato tutto ed è scattata la corsa a mettersi sotto la protezione dell’Alleanza centrata sugli Stati Uniti. Non solo nel teatro nord atlantico ed europeo: l’Argentina di Javier Milei ha di recente bussato alle porte di Bruxelles. E ancora una volta dalla fine della guerra fredda i paesi del Patto Atlantico si sono trovati davanti il solito dilemma: out of area or out of business. Diventare un’agenzia globale di sicurezza oppure chiudere bottega. E la richiesta di security, garantita dalla Nato oppure da cloni locali della stessa, sta diventando un tema sempre più centrale nella politica internazionale. Come vedrete di seguito.

1) È vero che l’Argentina si sta avvicinando alla Nato?
Il 18 aprile il ministro della Difesa argentino Luis Petri è andato a Bruxelles, a chiedere che l'Argentina venga considerata un “partner globale” della Nato. Si è così approfondita la svolta filo-occidentale di Javier Milei, dopo aver iniziato appunto il suo mandato con un viaggio in Israele e con il ritiro dell’adesione ai Brics decisa dal governo precedente. Lo stesso Petri nell’incontro con il vice segretario della Nato Mircea Geoana ha rivendicato appunto l’uscita dai Brics come primo passo di questa nuova politica, chiedendo aiuto per modernizzare l’apparato militare argentino «secondo gli standard della Nato». Nella conversazione si sarebbe anche parlato del desiderio argentino di allontanarsi dall’influenza di Russia e Cina. Relativo a rapporti della Nato con paesi fuori di quell’area del Nord Atlantico che è il territorio cui si riferisce il trattato, lo status di “partner globale” è stato dato finora nella regione solo alla Colombia, nel 2018. A parte l’Afghanistan, sospeso dopo la ripresa del potere da parte dei Taleban, ci stanno poi anche Australia, Iraq, Giappone,Mongolia, Nuova Zelanda, Pakistan e Corea del Sud.

 

 

 

2) È vero che con la cooperazione tra Paesi occidentali e arabi nella difesa di Israele dall’attacco dei missili e droni iraniani nella notte tra 13 e 14 aprile è nata una sorta di Nato del Medio Oriente?
Già nel giugno 2022 Israele aveva annunciato la nascita di una Middle East Air Defense Alliance (Mead) che avrebbe avuto ora il suo battesimo del fuoco, intercettando il 99% 170 droni e circa 150 missili lanciati su Israele. Prima ancora, nel 2020 era stato Trump a proporre l’allargamento della Nato al Medio Oriente. In effetti ci sono stati gli Accordi di Abramo, con la pace tra Israele e Bahrein e Israele e Emirati Arabi Uniti. E anche il passaggio di Israele dalla responsabilità di Eucom, il comando unificato degli Stati Uniti per Europa, Russia e Caucaso, a quella di Centcom, che invece opera in Medio Oriente Asia centrale.

Con ciò, già nel febbraio del 2022, Israele ha preso parte assieme all’Arabia Saudita e all’Oman – due paesi con cui non ha relazioni diplomatiche – a una grossa esercitazione navale guidata dagli Stati Uniti. A un mese di distanza da quell’esercitazione, stando a indiscrezioni del Wall Street Journal, fu lo stesso comandante del Centcom Frank McKenzie a portare ufficiali israeliani e arabi per la prima volta allo stesso tavolo per parlare della minaccia missilistica iraniana. Tuttavia alle dichiarazione israeliane l’ex ministro degli Esteri emiratino Anwar Gargash rispose dichiarando che quello di una Nato del Medio Oriente era un concetto “teorico” e che per Abu Dhabi lo scontro con Teheran non era un’opzione. Sulla stessa linea, un paio di giorni dopo, il ministro degli Esteri saudita Faisal Bin Farhan affermò espressamente che non esisteva alcuna “Nato araba” e che Riyadh aveva deciso di intraprendere “un percorso verso relazioni normali” con l’Iran. In quelle settimane, l’unico leader ad essersi esposto pubblicamente per sostenere un’alleanza militare regionale fu re Abdallah di Giordania, anche se pochi giorni dopo fu il ministro degli Esteri Safadi a chiarire che tale progetto avrebbe riguardato solo i paesi arabi, e quindi non Israele.

Anche nella mobilitazione del 13-14 aprile ci sono Paesi come il Qatar e l’Arabia Saudita che hanno cooperato a condizione di non farlo sapere, e altri come la Giordania che lo hanno fatto sapere ma spiegando di avere solo voluto difendere il suo spazio aereo. Insomma, la minaccia iraniana spinge a creare questa Nato mediorientale di fatto, mala mancata normalizzazione tra Paesi arabi e Israele la mantiene appunto informale.

3) Non è però tornato Macron a evocare la necessità di questa Nato mediorientale?
Dopo aver partecipato alla difesa contro l’attacco iraniano il president francese ha detto che “bisogna assicurare la protezione di Israele”, proprio per evitare in Medio Oriente una escalation pericolosa. Prima di vedersi con Netanyahu ha spiegato che proprio per assicurare la protezione di Israele nel miglior modo possibile la Francia avrebbe cercato di restare in contatto con altri Paesi della regione. Anche ciò sa di Nato informale.

4) È vero che sta nascendo anche una Nato in Estremo Oriente?
Se in Medio Oriente c’è il problema dell’Iran, in Asia Orientale è invece la minaccia cinese che ha fatto nascere nel 2017 il Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quad o QSD) tra Usa, India, Giappone e Australia, che però è una alleanza strategica informale. Il 10 aprile però il primo ministro giapponese Fumio Kishida in visita da Biden ha non solo firmato un pacchetto record di oltre settanta accordi, soprattutto nei settori della difesa e della sicurezza, ma si è anche accordato per un sistema di difesa anti-missile comune allargato all’Australia. Il giorno dopo c’è stati poi un trilaterale allargato al presidente filippino Ferdinand Marcos Jr, e ad agosto c’era già stato a Camp David un vertice per varare una alleanza del Usa -Giappone -Corea Sud E poi Kishida ha parlato al Congresso Usa: «non siete da soli a sostenere l’ordine globale, siamo al vostro fianco come tomodachi, migliori amici».

 

 



5) E l’Ucraina?
Lo spettro dell’Ucraina nella Nato è stato utilizzato da Putin per giustificare la guerra. In realtà, proprio il fatto di non avere confini sicuri dopo le occupazioni russe in Crimea e Donbas rendeva l’accesso dell’Ucraina alla Nato impossibile. Tuttavia, una soluzione che sta venendo fatta balenare pur di arrivare a un cessate il fuoco è che l’Ucraina potrebbe essere compensata con una ammissione per la perdita del 20% di territorio occupato dalla Russia.

6) Svezia e Finlandia sono infine entrare nella Nato?
Effetto paradossale della guerra giustificata da Putin appunto per evitare l’allargamento della Nato. La Finlandia è entrata già il 4 aprile 2023. Per la Svezia è stato più complicato, dal momento che il suo asilo dato a esponenti curdi provocava un veto turco. Anche lì la situazione si è poi risolta, e l’ingresso c’è stato lo scorso 11 marzo.

7) L’ingresso della Svezia indica un isolamento della Turchia?
Sicuramente la Turchia è un Paese diverso dagli altri partner Nato, se non altro per il suo essere un Paese islamico. Ciò in parte diventa isolamento ma in parte anche attitudine a giocare su più tavoli. Lo si è visto con la guerra in Ucraina, dove la Turchia ha sia aiutato la Russia a aggirare le sanzioni sia aiutato l’Ucraina a riprendere l’export nel Mar Nero, oltre a fornire alla stessa Ucraina armi. Ma sulla guerra di Gaza la posizione filo-Hamas di Erdogan lo ha di fatto isolato dallo stesso mondo arabo. Erdogan ha anche il problema di un indebolimento riflesso dalla sconfitta del suo partito alle ultime amministrative.

8) Come si colloca Trump verso la Nato?
In campagna elettorale a un certo punto ha fatto balenare provocatoriamente l’idea che avrebbe chiesto alla Russia di attaccare i Paesi che non arrivano alla quota del 2% del Pil di spese militari chieste ai partner. L’ala del Partito Repubblicano a lui fedele ha pure a lungo fatto opposizione agli stanziamenti per l’Ucraina. Ma l’idea di uscire addirittura dalla Nato è stata a lui attribuita dopo che durante il suo mandato si era invece parlato appunto di estenderne il raggio di azione. Il fatto che l’appoggio all’Ucraina si sia poi sbloccato e che Trump abbia difeso lo Speaker della Camera Mike Johnson dalle accuse di aver ceduto a Biden ha fatto scrivere ad alcuni commentatori che proprio con la prospettiva di poter tornare alla Casa Bianca Trump si sarebbe fatto più pragmatico.

9) Sarà il primo ministro olandese Mark Rutte il prossimo segretario della Nato al posto del norvegese Jens Stoltenberg?
Resta il favorito, ma si trova con l’opposizione di alcuni Paesi. Il presidente turco Erdogan, in particolare, non lo considera abbastanza impegnato sul fronte del terrorismo, che dal suo punto di vista sarebbe quello curdo. Il primo ministro ungherese Orbán è risentito per passate critiche di Rutte al suo governo. La Romania ha candidato a sorpresa contro di lui il suo presidente, Klaus Iohannis.

10) Come si colloca l’Italia rispetto alla richiesta del 2% del Pil di spesa militare?
La spesa del 2023 è stata dell’1,46, e si prevede per il 2024 l’1,43 e per il 2025 1,45.
Oltretutto, guardando al dettaglio si vede che il 61% viene impiegato per gli stipendi e le pensioni dei soldati Nato e il 39% in altro. La percentuale è molto più alta rispetto alla media Ue, che si ferma al 44% per stipendi e pensioni.

In collaborazione con The Global News

 

 

 

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