La Francia allunga le mani sulla Chiesa

I potenti di Francia hanno la propensione a interferire nelle questioni terrene con l’esercito e l’influenza politica, ma in quelle spirituali
di Marco Patricellilunedì 5 maggio 2025
La Francia allunga le mani sulla Chiesa
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Seduti sul trono o inquilini dell’Eliseo, i potenti di Francia hanno la propensione naturale a interferire fuori dal cortile di casa nelle questioni terrene con l’esercito e l’influenza politica, e in quelle spirituali nella convinzione di avere sempre la ricetta giusta. La Chiesa a volte si è sottratta e altre volte è stata risucchiata dalla politica francese. Ma se una volta col Papa-Re si poteva trattare senza riconoscergli la supremazia e facendo valere i rapporti di forza, la sortita di Emmanuel Macron sull’elezione del successore sul soglio di Pietro è oggi una fotocopia mossa e sbiadita del passato.

TUTTI AD AVIGNONE
Uno dei più fieri rivali della Chiesa fu certamente Filippo IV “il Bello”. Non si fece scrupolo di inviare un emissario ad Anagni per arrestare Bonifacio VIII, di cui aveva cercato pure di invalidare l’elezione, insensibile a bolle e scomuniche. Gli andò male l’atto di forza e allora cambiò strategia riuscendo nel 1306 a tirare la volata in conclave all’arcivescovo francese Bertrand de Got, disponibile a trasferire la sede del papato da Roma ad Avignone. Macron “le beau” difficilmente avrà la stessa ambizione e spregiudicatezza del sovrano, che peraltro all’epoca entrò in rotta di collisione pure con Clemente V, sradicò l’ordine dei Templari con l’arresto simultaneo di tutti i membri e mandando al rogo gran maestro e compagni. La Francia si scoprì laica e mangiapreti con la rivoluzione del 1789. Di questa linfa si nutrì il còrso Napoleone Buonaparte che aveva francesizzato il nome togliendosi una “e” e una “u” troppo italiane. Si incoronò imperatore nel 1804 avendo preliminarmente avvisato il Papa Pio VII che nella cattedrale di Notre-Dame lui era un mero dettaglio e a quella formalità avrebbe provveduto lui stesso. Piazzò il colpo più duro con il Decreto imperiale di annessione dello Stato della Chiesa alla Francia del 17 maggio 1809, trasformando quei territori in Dipartimento del Tevere e del Trasimeno. Alle truppe napoleoniche che avevano invaso lo Stato pontificio e che con la forza gli imponevano di rinunciare al potere temporale e di consegnare i suoi territori alla Francia, Pio VII rispose sdegnato: «Non debemus, non possumus, non volumus» (Non dobbiamo, non possiamo, non vogliamo). Poi la Restaurazione rimise in Europa le cose a posto e pure il Papa sul trono.

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Il nipote di Bonaparte ne seguì le orme imperiali come Napoleone III ma si pose a difesa di Pio IX, non tanto per afflato religioso, quanto per opportunità politica di dare uno stop alle ambizioni dei Savoia su Roma. Se la Francia repubblicana aveva già preso a fucilate e a cannonate la Repubblica romana del triumvirato Mazzini-Armellini-Saffi nel 1849, quella imperiale aveva fatto sparare dagli italiani contro i garibaldini nel 1862 sull’Aspromonte, minacciando un intervento militare. A quasi 120 anni dalla legge francese di separazione tra Stato e Chiese (9 dicembre del 1905), ripresa dalle Costituzioni del 1946 e del 1958 (La Repubblica una, indivisibile, laica e democratica), Macron si è inserito strizzando l’occhio al Vaticano proprio per incrinare quel rapporto tra i cattolici e il Front National, come nel discorso al College des Bernardins il 9 aprile 2018 davanti ai vescovi francesi, quando ha fatto leva sui concetti di saggezza, impegno e libertà. Che poi abbia intravisto lo spiraglio per inserire il cuneo e portare i cardinali sulle sue posizioni in nome dell’interesse nazionale alla vigilia del conclave che dovrà indicare il successore di Bergoglio è altra storia.

FRA ALTO E BASSO
Dall’intercessione alta dello Spirito Santo all’intervento di basso profilo di Monsieur le Président ce ne corre. Tanta ambizione nel nome della Grandeur, dei grandi poteri per ridisegnare gli equilibri del mondo, delle grandi strategie politiche, ma anche mossettine di piccolo cabotaggio. Come non bastasse la ragnatela vischiosa delle segrete stanze, delle correnti, degli accordi e delle alleanze che lega i fili porporati nella Cappella Sistina, che per ora ha una sola certezza: la maggioranza è, quella dei cardinali creati da Francesco. Già dal 5 ottobre 2019.