Le incredibili storie dei miracolati. Ma la salvezza poi diventa malattia

Il 40enne uscito vivo dall'incidente aereo in India, la ragazza precipitata per 3mila metri nella foresta, la bambina ripescata nell’Oceano. E c’è chi ha sofferto della "sindrome del sopravvissuto"
di Giordano Tedoldisabato 14 giugno 2025
Le incredibili storie dei miracolati. Ma la salvezza poi diventa malattia
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Lo chiamano “il miracolato”, Vishwash Kumar Ramesh, 40 anni, cittadino britannico di origine indiana, unico sopravvissuto del disastro del Boeing 787 caduto subito dopo il decollo ad Ahmedabad, nell’India occidentale. Così come quello della catastrofe, in rete si trova anche il video - e sembra quasi la sequenza di un film di Romero, con la stessa inopinata e perturbante sovrapposizione di vita e morte che dà l’apparizione di uno zombi - in cui il singolo sopravvissuto cammina barcollante, zoppicante, con i vestiti insanguinati, circondato dai primi soccorritori, verso un’ambulanza. Unico vivo su 242, tra passeggeri ed equipaggio, a bordo del volo Air India 171. Le sue prime parole, raccolte dall’Hindustan Times, sono state quasi deludenti, per quanto scontate: «Trenta secondi dopo il decollo, c’è stato un forte rumore e l’aereo si è schiantato. È successo tutto così in fretta. Quando mi sono alzato, c’erano corpi tutti attorno a me, ero spaventato. Mi sono alzato e ho corso, c’erano rottami tutto intorno. Qualcuno mi ha preso e mi ha messo in ambulanza, portandomi in ospedale».

Ma come, nessuna epifania? Nessuna voce dall’alto, nessuna luce metafisica? Nessun ricordo più originale e sensazionale dei “corpi tutt’attorno”, e dei “rottami”? Così sembra un film con Tom Hanks. E ancora, ha detto: «Non ho idea di come sia riuscito a uscire». Già, nessuno ce l’ha.

La semplicità e asciuttezza della sua testimonianza ci suggeriscono che, noi, quando parliamo di miracolati, di sopravvissuti, immaginiamo - non senza l’influenza di millenni di pensiero religioso - persone toccate dall’indice divino, folgorate come Saulo verso Damasco, invece quelli sono uomini come noi, normalissimi, e la loro salvezza è dovuta solo a un caso incredibilmente raro, ma non impossibile. Newsweek si è preoccupato di elencare, a tal proposito, tutti i “singoli sopravvissuti”, i miracolati insomma come Ramesh. Gli unici sopravvissuti di un disastro aereo e, come si può immaginare, sono casi non meno clamorosi e assurdi di quello dell’Uomo che camminò lontano dai cadaveri e dai rottami carbonizzati del Boeing.

C’è Juliane Koepcke, diciassette anni, che nel 1971 precipitò per 3000 metri ancora saldamente allacciata al suo sedile dopo che il suo aereo era stato colpito da un fulmine. Piombò nella foresta pluviale amazzonica peruviana, con altri quattordici passeggeri che però persero la vita in attesa dei soccorsi. Lei, invece, con una clavicola fratturata e altre ferite, per dieci giorni si aprì la strada nella densa foresta, trovò riparo in una capanna e fu salvata dai taglialegna locali.

Poi c’è l’assistente di volo Vesna Vulovic: nel 1972 il suo aereo esplose in volo. Non solo sopravvisse alla deflagrazione, ma ancora più miracolosamente alla caduta da una quota di 10.160 metri, incastrata nel retro dell’aereo dal carrellino metallico dei cibi. Venne ritrovata tra i rottami. È finita nel Guinness dei primati come l’essere umano sopravvissuto alla caduta più alta senza paracadute.
 

Cecelia Cichan, 4 anni, unica sopravvissuta del volo 255 della Northwest Airlines precipitato in Michigan nell’agosto 1987. Nell’impatto morirono i genitori e il fratello e gli altri 151 passeggeri. Fu ritrovata sepolta sotto i detriti.

E Bahia Bakari, 12 anni: nel 2009, dopo che il suo volo delle linee aree yemenite precipitò nell’Oceano Indiano, rimase a galla per ore, senza giubbotto salvagente e nessuna particolare abilità nel nuoto, fino al salvataggio.

Chiude l’elenco Ruben van Assouw, un bambino olandese che aveva 9 anni quando nel maggio 2010 sopravvisse allo schianto del suo aereo partito da Johannesburg e diretto in Libia, dove morirono 103 passeggeri, compresi i genitori e il fratello di 11 anni. Venne ritrovato ancora allacciato al sedile.

Ramesh ora va ad aggiungersi all’elenco, in attesa di conoscere le cause del disastro. Quasi tutti i componenti di questa lista miracolosa furono soccorsi in condizioni gravissime, alcuni rimasero diversi giorni in coma o dovettero convivere con delle disabilità permanenti. Mentre lui, Ramesh, pur avendo riportato diverse ferite, non corre nessun pericolo e sta relativamente bene. E la sua sopravvivenza sembra quasi meno prodigiosa rispetto alla sorte toccata, ad esempio, all’assistente di volo caduta da oltre 10mila metri.

Per quanto si voglia analizzare razionalmente questi casi, rimane l’aura misteriosa che li circonda e che legittimamente fa parlare di miracoli. La vita continua, ma come? Si parla di “sindrome del sopravvissuto”. L’hostess Vesna Vulovic la affrontò per tutta la sua esistenza. Citiamo due sue affermazioni significative: «Dicono che sono fortunata. Ma se fossi stata fortunata, non avrei mai avuto quell’incidente», e poi: «La gente, sull’aereo, vuole sempre sedere accanto a me».