Vi proponiamo l'analisi di Pierluigi Sabatini, presidente di "Geocrazia"
“Da oltre due anni, la guerra tra l’esercito sudanese e le Forze di supporto rapido ha precipitato il paese in una delle più gravi crisi umanitarie al mondo, con migliaia di morti e milioni di sfollati. Mentre il conflitto prosegue, la carestia si espande in diverse regioni e l’ONU, insieme ai suoi partner, fatica ad accedere alle popolazioni civili in difficoltà.
L’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha lanciato un allarme il 1° luglio 2025 a causa dell’elevato rischio di inondazioni durante la stagione delle piogge, che durerà fino a ottobre. Tali inondazioni potrebbero interrompere gli accessi via terra, ostacolare la distribuzione degli aiuti umanitari e favorire la diffusione di malattie. Lo scorso anno, quasi mezzo milione di persone sono state colpite da inondazioni in varie zone del paese. Secondo i dati pubblicati nell’agosto 2024, le inondazioni hanno distrutto completamente o parzialmente circa 70 villaggi nel nord e nell’est del Sudan, provocando il crollo totale di 12.420 abitazioni, in gran parte negli Stati del Nord e del Nilo.
Il 9 settembre 2025, l’ONU ha dichiarato che circa 124.000 persone, tra cui abitanti di El-Fasher, capitale del Darfur settentrionale, sono ora esposte al rischio di carestia a seguito delle forti piogge. Le inondazioni e le acque stagnanti aggravano ulteriormente il rischio di diffusione di malattie. Dalla ricomparsa dell’epidemia di colera a metà agosto, sono stati segnalati quasi 2.900 casi sospetti. L’UNICEF ha confermato l’arrivo di oltre 400.000 dosi di vaccino contro il colera, attualmente in fase di distribuzione.
Il 2 luglio 2025, l’OCHA ha messo in guardia contro il rischio di infezione da colera per oltre 33 milioni di persone in Sudan, tra cui 5,7 milioni di bambini sotto i cinque anni. L’organizzazione ha segnalato una diffusione crescente del colera nel Darfur, con trasmissione transfrontaliera verso il Ciad e il Sudan del Sud. Il Ministero della Salute ha registrato 83.000 casi di colera e 21.000 decessi correlati alla malattia dal luglio 2024, in un contesto di guerra persistente e collasso delle infrastrutture. Gli Stati del Darfur continuano a segnalare un aumento dei casi sospetti, ma l’insicurezza, i conflitti e le restrizioni all’accesso umanitario limitano la possibilità di valutare e intervenire. L’UNICEF ha fornito acqua potabile a 2,5 milioni di persone nel Darfur attraverso operazioni di clorazione, trasporto e potenziamento della capacità di stoccaggio. Sono in corso anche lavori per riparare i sistemi di approvvigionamento idrico a Khartoum e nel Nilo Bianco, alimentandoli tramite energia solare.
Parallelamente all’aggravarsi della crisi umanitaria, forti tensioni scuotono il campo del generale Abdel Fattah al-Burhan a Port Sudan, in particolare tra l’esercito e i gruppi armati alleati. Kamel Idriss El-Tayeb, nominato Primo Ministro dall’esercito, ha designato diversi ministri (Interni, Difesa, Salute, Istruzione superiore, Agricoltura e Irrigazione), senza però riuscire a trovare un consenso sul resto del governo tecnocratico composto da 22 membri, a causa dei profondi disaccordi con i movimenti armati firmatari dell’Accordo di pace di Juba.
Questo accordo garantisce a tali movimenti il 25% dei posti nelle strutture di potere, in particolare nei ministeri delle Finanze e delle Miniere. Tuttavia, il campo di al-Burhan desidera rivedere questa ripartizione, provocando una grave crisi soprattutto con i movimenti di Giustizia e Uguaglianza (guidato da Gibril Ibrahim) e di Liberazione del Sudan (guidato da Minni Minnawi), i quali esigono il rispetto integrale dell’accordo.
Al-Burhan, irritato, avrebbe minacciato Minnawi di rompere i rapporti con il suo movimento e di allearsi con le milizie arabe del centro del Sudan. Per cercare di calmare la situazione, il vicepresidente del Consiglio di sovranità, il generale Shams al-Din Kabbashi, ha inviato ufficiali dell’intelligence a incontrare Gibril Ibrahim, offrendogli il solo ministero delle Finanze. Quest’ultimo ha rifiutato, chiedendo anche il portafoglio degli Affari sociali.
Minnawi, da parte sua, sembra disposto ad accettare la proposta, mettendo così a rischio l’unità dei due movimenti. Tuttavia, questa concessione ha suscitato l’indignazione di altri gruppi armati, in particolare quelli di Agar, Abdullah Yahya e Rassas, contrari al controllo esclusivo di Gibril e Minnawi sui portafogli economici. Questi gruppi chiedono una rotazione nella distribuzione delle responsabilità ministeriali, sostenendo che l’Accordo di Juba non assegna alcun ministero a una specifica fazione.
In questo clima di tensione, nuovi attriti sono emersi tra Kabbashi e Minnawi, a seguito delle voci su una possibile reintegrazione di Mubarak Ardol alla guida della Società delle Risorse Minerarie del Sudan, o della sua potenziale nomina al Ministero delle Miniere. Questa decisione incontra l’opposizione dei capi tribali Beja, molto influenti, che sostengono l’attuale direttore Mohamed Taher Omar. Minnawi si è recato personalmente da loro per ottenere il loro sostegno contro la nomina di Ardol, segnale di un profondo disaccordo interno al campo militare.
Nel frattempo, diversi partiti politici alleati all’esercito hanno richiesto che Kamel Idriss consulti tutte le forze filo-militari prima di annunciare la composizione definitiva del suo governo. Gli è stato chiesto di mantenere una posizione equidistante tra le diverse componenti alleate.
Di fronte a questo stallo politico, Idriss ha lanciato un appello al dialogo nazionale, dichiarando di voler incontrare le varie componenti politiche e sociali per avviare una riflessione collettiva e responsabile sul futuro del paese. Ha affermato che il Sudan sta attraversando una fase critica in cui occorre anteporre l’interesse nazionale alle ambizioni individuali e agire con senso di responsabilità e dedizione per l’unità del paese".