Primus inter pares dei democratici tonanti in tv e insignificanti (caratteristiche comuni alla sinistra di là e di qua dell’Atlantico), Ken Martin, presidente del Comitato nazionale democratico, ha dato una risposta di scarsa efficacia e poca verve a una giornalista di Pbs News che gli chiedeva conto della “globalizzazione dell’Intifada”, proposito tanto caro e mai smentito da uno dei suoi, il candidato sindaco democratico di New York Zohran Mamdani. «Esistono i democratici conservatori, centristi, progressisti come me e infine questa nuova tipologia di democratici di sinistra -ha detto Martin - Noi vinciamo perché siamo una coalizione, una grande tenda in cui si può dibattere». Voto: 3 per la lucidità (ma dov’è, esattamente, che vincono?), 10 per l’autodafé (esistono opinioni contrastanti all’interno di un partito, è fisiologico, ma portare il dibattito anche all’esterno è pesticida elettorale). Martin è un funzionario semi -anonimo che è stato per decenni nelle trincee del partito prima di diventarne leader a livello nazionale.
Nel suo primo discorso ha chiarito che era ora di tornare a combattere per i lavoratori. È il volto del rinnovamento, dell’esame di coscienza post -sconfitta. Ma come possa essere una faccia della medaglia mentre sull’altra campeggia il volto del socialista Mamdani, che vuole autobus gratuiti, affitti bloccati e supermercati comunali, è tutto da vedere. Wall Street, intanto, non ne vuole sapere di sciropparsi per i prossimi quattro anni un tizio, Mamdani, che dice: «Non credo che dovremmo avere miliardari» (voto: 4. Qualcuno spieghi al socialista che l’America è quel posto in cui per essere eletti conviene dire: «Credo che tutti dovrebbero diventare miliardari»).
Ocasio Cortez bambina povera? Balle: la pasionaria dem sbugiardata
Alexandria Ocasio-Cortez sostiene di essere «una ragazza del Bronx», vantandosi di provenire da un quartiere...E così un gruppo di milionari s’è riunito sotto il nome “New Yorkers for a Better Future Mayor ‘25”, newyorchesi per un futuro migliore, e si è messo al lavoro per raccogliere 20 milioni di dollari da “investire” nella sconfitta dell’outsider 33enne alle elezioni di novembre. L’iniziativa punta a creare un fronte comune contro il giovane candidato. Ancora più incerta è la risposta degli elettori, che aspirano a un ricambio generazionale: secondo un sondaggio Ipsos di giugno circa la metà dei votanti democratici è «insoddisfatta dell’attuale leadership» e il 62% ha dichiarato che «i leader del partito dovrebbero essere sostituiti». La delusione della sinistra americana per i propri rappresentanti è storica. Ma l’ultima volta che la base di un partito s’è stufata di essere delusa e ha reagito è stato nel 2009, quando una costola dei repubblicani si staccò e diede vita al Tea Party. Liberisti e libertari, gli esponenti della costola (vedi Sarah Palin) sono stati i prodromi della vittoria di Donald Trump. Sta per arrivare un populismo di sinistra?, si sono chiesti gli analisti politici. Voto agli analisti: 5. Poco studio. Bastava chiedere un suggerimento a noi, che già abbiamo visto passare Di Maio e l’abolizione della povertà, Danilo “pancia a terra” Toninelli, i flash mob delle sardine, i gilet arancioni più ingrilliti di Grillo. Tutti a cantare su una zattera che correva verso la cascata.